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Ritorno al nucleare? Sembra cosa fatta

Con l'accordo Berlusconi-Putin, che segue quello con la Francia, il ritorno al nucleare italiano sembra entrato in una fase operativa. Entro il 2013, ribadisce il premier, cominceranno i lavori di costruzione di una o più centrali atomiche, quelle della terza generazione, notoriamente "sicure", a giudizio degli scienziati di tutte le scuole di pensiero. Gli accordi importanti sono stati giù firmati (quello quadro tra Enel e Edf e più recentemente quello tra Areva e Ansaldo). Ma, nonostante la riconfermata volontà del governo, che accoglie le insistenti pressioni del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, le ombre non mancano. Innanzitutto i possibili cambiamenti di governo (fra tre anni), le politiche troppo restrittive delle regioni (di centrosinistra, ma anche di centrodestra), già peraltro preannunciate, e la risorgente opposizione della sinistra, quella parlamentare (Pd e Idv) e quella esterna al parlamento (verdi, comunisti, ecc.) che sta nuovamente mobilitando la piazza ,sbandierando la vecchia bandiera della paura nucleare. Ma dopo 24 anni dalla tragedia di Cernobyl, notevolmente amplificata dai verdi (soprattutto da quelli «fondamentalisti»), quella «paura» ancora colpisce e può continuare a provocare danni alla rinascita dell'industria nucleare italiana. In realtà nessun ambientalista ha mai spiegato che l'incidente nel reattore atomico ucraino, unico nel suo genere, fu il risultato di un «esperimento folle, condotto da tecnici russi e ucraini che spinsero al massimo il reattore, ignorando volutamente i sistemi d'allarme, in una centrale senza la copertura in cemento armato» (lo ha scritto l'ing. Francesco Corbellini nel suo libro Maledetta Chernobyl). Eppure su quell'errore tecnico gli ambientalisti continuano a «costruire» e alimentare la paura della gente. D'altra parte, le stesse Regioni, invece di rassicurare,in nome dell'interesse generale del paese (lo si è visto durante l'ultima campagna elettorale), sembrano assecondare e a condividere il clima di paura: appaiono rigide, con dei «no» quasi sempre immotivati e qualcuna ha presentano ricorsi alla Corte costituzionale per bloccare le scelte sui siti individuati dal governo. In questo modo,per ragioni quindi esclusivamente politiche, i tempi sembrano destinati ad allungarsi. E ciò nonostante che il nostro paese continui a risentire, per accelerare la ripresa economica, della mancanza di energia a costi competitivi. Non solo, ma la costruzione delle nuove centrali favorirebbe l'occupazione, anche perché ben 600 aziende sono interessate a commesse da 40 miliardi di euro per impiantistica e servizi.  C'è anche ad aggiungere che, a differenza del passato, con la politica degli incentivi, molte comunità locali - sull'esempio di quanto avvenuto in Francia, in Spagna e in altri paesi - potrebbero entrare in gara per ospitare i siti nucleari perché beneficerebbero di energia gratuita o quasi e di altri vantaggi finanziari, oltre a infrastrutture e servizi nei loro territori. Per citare solo un recente caso: in Spagna ben 11 comuni si sono candidati ad ospitare il deposito nazionale di scorie nucleari. Qualcosa del genere, dimenticando Scansano Jonico, potrebbe accadere anche da noi. E allora sono proprio sicuri i verdi di bissare il successo dei referendum di oltre 20 anni fa?

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