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Ma la città non può essere ostaggio dei cortei

Dobbiamo rassegnarci a considerare Palermo la città dei cortei? Dobbiamo arrenderci all’idea che circolare per le strade di questo capoluogo vuol dire spesso restare intrappolati senza via di fuga? No, non possiamo arrenderci, non possiamo rassegnarci. Ma anche ieri, di fronte al nuovo annunciato corteo, Palermo ha alzato bandiera bianca. Ieri è stato il turno degli agricoltori siciliani schiacciati dalla crisi economica. L’altro giorno è stata la volta dei dipendenti della Gesip le cui conseguenze per la viabilità si sono trascinate fino al pomeriggio inoltrato. E non finirà qui, c’è da scommettere. Il momento non aiuta. Molti settori dell’economia di questa regione sono in forte affanno. E quindi possiamo comprendere che c’è l’esigenza di manifestare un dissenso o lanciare un allarme per un posto di lavoro, per una rivendicazione economica o per il proprio futuro. Ma non è più possibile accettare forme di protesta che danneggiano ancora i palermitani, l’intera collettività. Le difficoltà provocate da un corteo che blocca la circolazione sono pesanti per tutti. È ora di trovare un equilibrio tra chi circola e chi protesta. È ora di spiegare a chiare lettere che paralizzare il traffico non paga ed è il modo peggiore per chiedere attenzione e avere risposte alle proprie vertenze. Altrimenti Palermo è destinata a diventare ostaggio incolpevole di proteste senza fine dove ogni piccola o grande rivendicazione di una categoria diventerà un buon motivo per bloccare tutto. Non sfugga a chi protesta che manifestare senza danneggiare i palermitani è anche un modo per chiedere e ottenere solidarietà. E lasciare circolare liberamente tutti senza intralci è un diritto più forte di una singola protesta. È una riflessione che devono fare tutti: sindacati, istituzioni e autorità.

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