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Cuba, il tramonto di una dittatura

Sono pessimista. Non credo che il governo cambierà. Il governo cubano è aggrappato al potere, si trova in un momento di grande difficoltà. Ci dovrebbero essere almeno 50 oppositori in sciopero della fame. Questo sì sarebbe un problema che investirebbe tutta la società". Lo psicologo e giornalista dissidente cubano Guillermo Farinas, 48 anni e 23 scioperi della fame alle spalle, intervistato qualche giorno dal quotidiano spagnolo "El Pais" non nascondeva il suo pessimismo. Ora, dopo le parole di netta chiusura pronunciare da Raul Castro al congresso della gioventù comunista cubana, i già stretti margini di manovra, sembrano essersi ulteriormente ristretti.  Farinas, da quando ha restituito la tessera dell'Unione Giovani Comunisti, nel 1989, per protesta contro la fucilazione del generale Arnaldo Ochoa, è entrato nei ranghi dell'opposizione; e ha trascorso già ben undici anni e mezzo in prigione. "Sono disposto a morire", ha fatto sapere Farinas, elencando gli obiettivi dello sciopero della fame: "Il primo è che il governo paghi un elevato prezzo politico per l'assassinio di Orlando Zapata Tamayo ( un altro dissidente morto in seguito a un lunghissimo sciopero della fame; ndr). In secondo luogo, la liberazione dei prigionieri politici malati che ben presto potrebbero fare la fine di Zapata". Cuba è un paese sempre più stremato e rassegnato. Quando Fidel aveva ceduto il potere al fratello Raul in molti avevano sperato che all'orizzonte ci fosse un' apertura, si allentasse la morsa della dittatura. E' bastato poco per capire che si trattava di un'illusione. Cresce l'amara frustrazione di chi aveva sognato che il governo di Raul avrebbe introdotto cambiamenti strutturali nell'anchilosato sistema burocratico erede dei peggiori metodi del breznevismo sovietico. Negli ultimi mesi poi, è esploso il caso di Orlando Zapata Tamayo, un operaio nero di 42 anni, condannato a tre anni di carcere per aver protestato contro la detenzione dei suoi compagni di lotta. In carcere è stato picchiato dalle guardie, posto in isolamento, e cumulato nuove condanne. A metà dicembre del 2009 ha deciso di cominciare uno sciopero della fame per chiedere di essere trattato in modo più umano. Dopo 86 giorni è morto senza che le autorità avessero detto una sola parola per dimostrare la minima attenzione alle sue richieste. La sua morte però ha anche fatto crollare la segretezza che aveva sempre circondato i prigionieri in sciopero della fame. Dice Yoani Sanchez, una delle più note dissidenti cubane: "Quando i "barbudos" arrivarono al potere bollarono tutti i loro nemici come sbirri e torturatori della tirannia. In seguito confiscarono tutte le proprietà produttive, e tra i nemici entrarono anche "gli sfruttatori degli umili" e i nostalgici del "mortificante passato capitalista". Negli anni Ottanta agli oppositori del sistema si aggiunsero quelli che "non erano disposti a sacrificarsi per un futuro luminoso". Ora, prosegue la Sanchez, la maggioranza dei cubani è giunta alla conclusione "che il paese fu trascinato in una missione impossibile, molti vorrebbero introdurre qualche riforma e perfino qualcuno che vorrebbe cambiare tutto". Per i "barbudos" sono tutti oppositori, mercenari, agenti dell'imperialismo.Ci sono almeno duecento cubani detenuti per le loro opinioni, che scontano condanne in carcere con l'accusa di aver commesso cose che la legge considera reati comuni e che non hanno niente di criminale". Al desiderio di maggiore flessibilità, il fratello di Fidel contrappone una disciplina militare per far aumentare la produzione agricola e moltiplica gli appelli al sacrificio. Di fronte alla lentezza e alla mancanza di volontà di cambiare, i cubani guardano verso l'alto e canticchiano un ritornello: "El cacique delira, esta que preoccupa, tu, taino, tu, lucha tu yuca", il cacicco delira, c'è da preoccuparsi, tu taino, tu lotta per la tua yucca.

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