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L’Amia e quei nuovi precari

La telenovela del precariato in salsa palermitana registra un’altra puntata. Protagonista l’Amia, l’azienda del «personale ridondante» (Corte dei conti dixit) che dovrebbe - senza però riuscirci granché - tenere pulita la città e che intanto vuole tornare, come già faceva nel suo recente e buio passato, ad affidare in appalto esterno la pulizia delle proprie strutture. Perfino - è la nuova frontiera - la stessa discarica di Bellolampo. C’è da tenere buoni i cenciaioli che protestano in strada e si arrampicano sulla cattedrale?
Se il motivo è questo, lo si dica chiaro. Ma non si parli più di irreversibile percorso di risanamento. Negli ultimi anni, una gestione dissennata e inadeguata ha spinto l’Amia nel baratro, fino alle soglie di un fallimento non ancora scongiurato. È stato un periodo in cui, come detto, si davano in (costoso) appalto esterno i servizi di pulizia di uffici, magazzini, depositi, perfino degli stessi cassonetti. Uno dei paradossali sprechi su cui Marcello Caruso prima e Gaetano Lo Cicero poi, chiamati a raddrizzare la baracca, hanno lavorato di machete. Adesso la notizia di un imminente appalto per affidare in esterna la pulizia di Bellolampo rappresenta un desolante passo del gambero. Perfino i sindacati aziendali dicono che basterebbe il personale esistente. Ma evidentemente a qualcuno conviene creare nuovi precari.

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