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Italia, mai più "Pigs"

L'Italia non è più uno dei "Pigs". È la definizione, per la verità brutta e assai poco elegante, usata nelle sale operative della City londinese per indicare i Paesi che, a causa del loro disordine finanziario, minacciano di far saltare l'euro. Inizialmente "pigs" era l'acronimo di Portogallo, Italia, Grecia e Spagna. Adesso l'Italia è stata sostituita dall'Irlanda. Rimane intatta, invece, la brutalità dell'espressione visto che "pigs" in inglese vuol dire "maiale". Insomma gli inglesi devono cominciare a riconsiderare il giudizio sull'Italia. E non solo perché Capello è stato determinato nel togliere la fascia di capitano della nazionale a Terry per il sexy-gate negli spogliatoi del Chelsea. Ben più importanti i risultati ottenuti dal governo nel fronteggiare la crisi economica. L'Italia viene considerato un Paese con una guida molto salda tanto da essere riuscito, come ha dichiarato ieri Berlusconi, a tagliare l'Ici e 2 miliardi di tasse alle imprese senza compromettere la sua credibilità finanziaria presso la comunità internazionale degli affari. Non altrettanto è accaduto con altri Paesi. Non certo con la Spagna guidata dal socialista Zapatero che, un anno e mezzo fa sbandierava il sorpasso dell'economia iberica sulla nostra. Venerdì la forbice di rendimento tra un titolo di Stato tedesco e uno spagnolo è salita oltre i 100 punti base, molto più in alto dell'Italia. Vuol dire che i mercati si fidano molto di più di Roma che di Madrid. Eppure i conti pubblici spagnoli, a prima vista, sono assai più solidi. Basti dire che, nonostante il forte peggioramento dell'ultimo anno, il debito è pari al 74%, molto più in basso del dato italiano. Vero, ma le famiglie spagnole, colpite dalla crisi del mattone, contendono a quelle inglesi il primato, si fa per dire, del debito più elevato. Le agenzie di rating, invece, hanno ormai cominciato ad apprezzare le qualità delle famiglie italiane, le grandi risparmiatrici d'Europa che rappresentano la vera arma aggiuntiva di Giulio Tremonti. Nei giorni scorsi, infatti, il Tesoro italiano ha potuto collocare i suoi titoli a rendimento zero, grazie anche alla forza del mercato domestico. Nelle stesse ore il Tesoro greco pregava invano la Cina di acquistare una partita dei suoi titoli. Lisbona non trova acquirenti per i suoi titoli. Btp e Bot, insomma, una volta tanto sono più solidi. Ma non troppo. Nonostante la gestione prudente e saggia del Tesoro italiano (chissà che sarebbe successo se Tremonti avesse dato l'impressione di cedere alle richieste di "passare alla fase dello sviluppo"…) l'Italia resta un grande malato che, nel solo 2010, deve collocare quasi 500 miliardi in titoli di Stato. Basta poco, di fronte a queste cifre, per provocare una valanga. Una partita molto delicata che si gioca unicamente sulla credibilità di cui i governanti godono presso i mercati. Quella dell'Italia, in questo momento, è molto forte tanto da non essere nemmeno sfiorata dalla bufera di Borsa. Non altrettanto Spagna e Irlanda. E dire che fino a ieri erano considerate le tigri d'Europa e noi solo delle tartarughe. Ma chi va piano, è noto, va anche molto lontano. Anche i mercati adesso cominciano a scommettere sull’Italia

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