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Acqua ai privati? È meglio, per pagarla solo una volta

Mentre i sindaci e cittadini continuano a combattere in prima linea contro la privatizzazione dell’acqua il governo Berlusconi noncurante delle molteplici azioni di protesta provenienti dalla società civile, ha chiesto al Parlamento di convertire  in legge ordinaria il Decreto Ronchi.
Con questa decisione il governo ha stabilito di fatto che in Italia l'acqua non sarà più un bene pubblico, ma una merce e, dunque, sarà gestita da multinazionali, meglio conosciuti come i mercanti dell’oro blu le stesse che già possiedono le acque minerali.
La privatizzazione dell'acqua che sta avvenendo a livello mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei paesi più poveri.  L'acqua è sacra in ogni paese, cultura e fede del mondo, l'uomo è fatto per il 65% di acqua, ed è questo che il governo italiano sta mettendo in vendita.
L´acqua che sgorga dalla terra non è una merce, è un diritto fondamentale umano e nessuno può appropriarsene per trarne illecito profitto. Le  reazioni di oggi provenienti dalla società civile sono innegabilmente  le stesse che hanno impedito il cammino della riforma fin dal primo governo Prodi.
Ed è una reazione che non deriva dalla paura sopravvenuta con la crisi del mercato globale, ma è animata dal sentimento che l’acqua è un bene di proprietà demaniale
Inoltre il Parlamento con la conversione Decreto Ronchi in legge ordinaria ha di fatto ignorato che fin dall’origine l’acqua è un bene comune e che il diritto all'acqua è un'estensione del diritto alla vita.
Privatizzarla significa, senza voler essere drammatici, negare questo diritto perché chi gestisce le risorse idriche comanda e decide chi, e a che condizioni ne può fruire il consumatore.
Alla radice della protesta portata avanti da molti Comuni dell’Isola, tra cui anche il Comune di Burgio, non c'è solo il fatto che l’aumento del prezzo produca profitto ma il rischio di creare un disservizio ai cittadini, la paura di pagare perfino l’acqua che beviamo o attingiamo da una fontana pubblica
In un qualsiasi servizio pubblico gestito dai Comuni non c'è l'entità del profitto, ma la misurazione del costo ragionevole.
E giusto che anche per l’acqua si paghi un prezzo che copra le spese di esercizio, gli investimenti per garantire il livello di qualità del servizio offerto alle famiglie.
Ma l’acqua è meglio pagarla ai Comuni che gestiscono il servizio idrico perché il cittadino quando è penalizzato da un disservizio preferisce avere come controparte il suo sindaco. Piuttosto che un privato insensibile che pensa solo a fare profitti a danno della collettività.
Mariano Bonaccorso, Burgio (Ag)


Certo “l’acqua che sgorga dalla terra non è una merce”. L'acqua è di tutti. Solo che la sua distribuzione ha un costo. Nessuno l'ha mai avuta gratis. Ha dovuto pagare per condutture e rete, contatori e impianti vari. Sempre. Non ci sono periodi di acqua libera seguiti oggi da perverse fasi di mercificazione.
Oggi invece, per portarla nei rubinetti di casa, si può scegliere tra gestione pubblica e affidamento ai privati. Lei preferisce la prima.  Noi no. Per ragioni pratiche. Non ideologiche. Con gli enti pubblici l’acqua si paga due volte nella confusione. L’ente pubblico  ti fa pagare  la bolletta. Ma gestisce permanentemente in deficit. Per colmarlo  si rivolge ad un ente superiore (Comune, Regione, Stato). Il quale alla fine si rivolge al contribuente. Ed aumentano le tasse.
Lei sa quanto paga nella bolletta. Ma ignora di quanto un servizio in deficit fa aumentare i suoi versamenti all'esattore. Questo vale non solo per l’acqua. Ma
pure per i trasporti. Per sanità e gas. Per teatri e quant’altro. C'è anche questo andazzo dietro i valori del  debito pubblico e del carico fiscale. Tra i maggiori del mondo.
Con l'azienda privata, invece, lei paga una sola volta. Se essa  va in deficit sono fatti suoi. Lei potrà capire meglio quanto costa il servizio. Fare i confronti con quel che pagano altri. Il privato è brutto perché pensa al profitto? Il pubblico è puro? Non scherziamo. Gli enti  pubblici sono occupati dai partiti. Sono utilizzati come strumenti di consenso elettorale. Con costosissimi sprechi.
Assunzioni di personale inutile. Costose consulenze. Acquisti evitabili. Cose che paghiamo  noi cittadini in un crescendo di tasse intollerabile. Certo, si è sempre al rischio di  speculazioni. Ma proprio qui è importante il ruolo delle istituzioni pubbliche. Ci vogliono leggi regole e paletti per proteggere l'utente dagli abusi.
Capiamo, tuttavia, i motivi della sua delusione. Neppure noi siamo contenti dello stato delle cose. Ad Agrigento come altrove. Le privatizzazioni, s’avanzano (con numerosi fermi) in un processo confuso dove il vecchio resiste al nuovo. E dove, talora o spesso, il nuovo tende a subentrare al vecchio. Mantenendo conosciuti vizi. È giusto valutare caso per caso. Chiedere correzioni dovute. Ma evitiamo contrapposizioni ideologiche tra privato e pubblico. L'ideologia  altera la realtà.
Facendoci ingerire (parlando di acqua) liquidi piuttosto indigesti.

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