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Terrorismo yemenita, nessuna sorpresa

"Qualunque e di chiunque fosse l'intenzione, un obiettivo è stato raggiunto: un po' di panico non tra i viaggiatori ma fra i preposti alla sicurezza, a tutti i livelli"

È stato un sussulto, non una sorpresa. E neppure un bis della tragedia del settembre 2001, anche se qualcuno può pensare che i terroristi avessero in mente anche di chiudere il disastroso decennio del doppio zero come era cominciato. Ripescando uno di quei detti storici così abusati, si potrebbe semmai concludere che la tragedia si sia ripetuta questa volta, in qualche modo, in caricatura, con due nigeriani che a un giorno di distanza, più o meno sullo stesso volo, si chiudono a lungo nella toilette, il secondo per motivi inerenti e innocenti ma il primo a cercare di far funzionare un ordigno. Qualunque e di chiunque fosse l'intenzione, un obiettivo è stato raggiunto: un po' di panico non tra i viaggiatori ma fra i preposti alla sicurezza, a tutti i livelli.
I governi, a cominciare da quello americano, non potevano agire diversamente. C'è però da sperare che, a cominciare da quello americano, abbiano trovato il tempo e conservata la lucidità necessaria per ripensare strategie, scelte e priorità. Il terrorismo integralista islamico ha tentato di colpire ancora. La "firma" a quanto pare è la stessa, Al Qaeda, ma la "centrale" è diversa dalla regione su cui si concentrano l'attenzione del mondo e gli sforzi militari degli Stati Uniti. Barack Obama, a differenza da George W. Bush, non si lascia trascinare da deviazioni su obiettivi impropri: ha riflettuto a lungo poi ha deciso che il "fronte" principale della guerra globale al terrore è l'Afghanistan e vi sta trasferendo una buona parte dell'immensa potenza di fuoco americana.
Eppure da tempo si diffonde il dubbio che il Nemico abbia traslocato, che tra le montagne afghane si trovino ancora ben pochi militanti della centrale del terrore guidata o almeno ispirata da Osama Bin Laden. Non più di cento, concludono esperti del conflitto e del settore. L'opinione diffusa è che si siano rifugiati in Pakistan, ma c'è chi lo esclude e arriva anzi a dire che Al Qaeda col Pakistan non c'entra. Anche se Bin Laden può essere davvero nascosto in qualche grotta, la "macchina" dell'organizzazione criminale funziona da basi molto distanti. Quelle più sospettate sono due: la Somalia e lo Yemen, soprattutto quest'ultimo. La Casa Bianca e il Pentagono lo sanno da ben prima che l'aspirante terrorista del volo Amsterdam-Detroit lo proclamasse e, in prima persona o attraverso lo "Stato" yemenita, sono da tempo impegnate in azioni di rappresaglia. Lo Yemen è sempre stato nella lista dei sospetti per un mucchio di ragioni: la famiglia Bin Laden ha origini yemenite, Osama proclamò di laggiù la guerra all'America, c'erano yemeniti fra gli autori della strage di Manhattan, ancora prima una nave da guerra americana la "Cole", era stata attaccata e gravemente danneggiata in un porto yemenita. E, soprattutto, lo Yemen assomiglia molto all'Afghanistan. Certo non nella geografia e tanto meno nella orografia ma nella dissoluzione o inconsistenza delle strutture politiche e istituzionali. Assieme a Kabul e a Mogadiscio, Sana'a incarna la definizione di "Stato fallito". Nei suoi deserti invece che nelle montagne le organizzazioni terroristiche fruiscono di condizioni ideali per "muoversi fra la gente come un pesce nell'acqua" secondo la celebre definizione di Mao.
C'è anche la prossimità a uno stretto chiave come quello che "strozza" il Golfo Persico, ma ci sono soprattutto le condizioni psicologiche o addirittura antropologiche per la creazione e la sopravvivenza di un "fuoco" guerrigliero. Washington non è impreparata, ma si troverebbe probabilmente in imbarazzo se una nuova ondata di terrore partisse da un bersaglio così lontano e "diverso" da quello contro cui sta per abbattersi il colpo di maglio raccomandato dai generali e sanzionato da Obama. C'è chi teme che trovi un'ulteriore conferma la convinzione di quegli esperti che ritengono che una sovversione di questo tipo si diffonda e si sposti come un fuoco. E i fuochi non si spengono a martellate.

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