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Sforbiciando. Le nostre orribili città

Parliamo di queste orribili città italiane: orribili, soprattutto le parti moderne, e quelle storiche abbruttite dagli inquinamenti e dal traffico. Ci spinge a questa apodittica definizione un recente libro di un autorevole architetto, Massimiliano Fuksas, scritto con la collaborazione del giornalista Paolo Conti, Caos sublime (Rizzoli). Un libro che parla di metropoli, di città dalle brutte periferie, della «complessità di una megalopoli risolta senza la presunzione di un urbanista-guaritore che arriva e decide di adottare un piano, di imporre un ordine che rischia sempre di aggiungere disordine al disordine». Fuksas discute delle città che crescono a dismisura in pochi anni, della scomparsa delle campagne, delle periferie (brutte) e degli insediamenti intensivi, dell'abusivismo e di tanti altri «mali» delle megalopoli, compresi i centri storici che si trasformano in shopping center e dei musei finalizzati solo alla cultura di massa. L'autore è sicuramente un grande architetto: lavora in diverse parti del mondo (Cina compresa) ma anche i creativi più celebri, forse anche per accondiscendere il committente, talvolta danno vita ad opere discutibili, come quelle costruite nei nuovi quartieri romani. L'umiltà non è certo la dote più tipica di questo maestro dell'architettura italiana, quando afferma: «I padri storici in cui mi riconosco sono Brunelleschi ,Michelangelo e Borromini. Le radici della modernità». Concordiamo però con lui pienamente quando osserva che le «le Vele di Scampia (lo scenario del libro e del film Gomorra di Roberto Saviano) sono un habitat creato contro l'uomo, scelte realizzate in aperta ostilità col genere umano, atti da Tribunale internazionale dell'Aja». Parlando di città c'è un libro importante che vorremmo ricordare: quello di Franco Ferrarotti e Maria Immacolata Macioti, che si occupa delle periferie urbane (Periferie, da problema a risorsa, Sandro Teti editore). Ferrarotti è il fondatore della sociologia italiana (nel 1961 ha ottenuto la prima cattedra di questa disciplina alla Sapienza di Roma); la Macioti è docente a Scienze della comunicazione della stessa università. L'analisi delle banlieue italiane porta a una ridefinizione degli agglomerati urbani che non possono essere concepiti come le città tradizionali. Si tratta di «città parallele» o «spazi di vita diversi» che richiedono specifici interventi (urbanistici, sociali, economici, culturali); diversamente rischiano, con i concentramenti di comunità di immigrati, di diventare, come è avvenuto in Francia, «esplosivi». Le ricerche, di ieri e di oggi, dei due sociologi mettono in rilievo le novità delle periferie in questi ultimi anni in cui regnano disordine e criminalità, ma anche creatività e vivacità che hanno trasformato quelle zone delle città da dormitori in autentici aggregati urbani. Le città, è noto, hanno sempre ispirato romanzieri, storici e, in generale, scrittori e giornalisti. La letteratura legata alle città antiche è molto ricca. Ci limitiamo a citare due libri molto diversi. Il primo è stato scritto da un ex poliziotto (ma anche sceneggiatore e autore di reportage dal Kosovo), Giacomo Gensini, Genova sembrava d'oro e d'argento (Mondadori). Racconta storie di poliziotti e soprattutto la vicenda del G8 di Genova,un «romanzo feroce e carico di verità».
L'altra segnalazione riguarda un libro a più voci su Catania, curato da Vera Ambra e pubblicato dalla piccola editrice Akkuaria, Catania nella memoria. Fra gli autori, Roman Henry Clarke, Cecilia Marchesi, Bojana Bratic, Carla Ruscello, Francesco Giordano, Selene Balrini e tanti altri. Nel libro si racconta non solo l'antichissima storia della città, ma anche le leggende, la «lingua», gli aneddoti e si ricordano i personaggi della storia della città etnea. E si rivela anche la vera storia del «liotru», il celebre elefante simbolo dal 1239 di Catania, una correzione dialettale del nome di Eliodoro, un dotto catanese dell'VIII secolo, che fu fatto bruciare vivo nel 778 dal vescovo di Catania, San Leone II, perché Eliodoro, non riuscendo a diventare vescovo, utilizzava la magia per disturbare le funzioni sacre, riuscendo anche a far camminare l'elefante di pietra.

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