Il garantismo è una forma di etica civile dalla quale non si dovrebbe mai derogare. Ma se si scorrono almeno in parte le 700 pagine del provvedimento dei magistrati di Venezia che hanno portato all'arresto di 35 persone (personalità, bisognerebbe dire, visto il loro ruolo politico e sociale) e alla denuncia di altre, è difficile sfuggire alla sensazione di non trovarsi dinanzi alla posizione di una parte, pure decisiva e fortissima, qual è l'ufficio del pubblico ministero, ma almeno a una ordinanza di rinvio a giudizio se non addirittura a una sentenza di primo grado. La documentazione raccolta a carico degli imputati è enorme e impressionante, le intercettazioni per una volta non sono la fonte primaria di prova, ma la conferma di uno scrupoloso lavoro di indagine fatto di verifiche fiscali e patrimoniali, dalle quali si è poi risaliti pazientemente a fortissime somme di denaro dispensate illecitamente a una ampiezza di soggetti che lascia sgomenti. Il sistema della ruberia (e Dio sa quanto ci costa usare questo termine per persone fino a ieri stimabili e insospettabili) si presumeva tecnicamente perfetto. Per la prima volta, infatti, non ci si è limitati all'aberrante scambio di favori e di denaro tra politici e imprenditori, con il sovrapprezzo a carico dei cittadini, ma si sono coinvolti i più importanti uffici pubblici di controllo, dalla Guardia di Finanza al Magistrato alle Acque fino alla Corte dei Conti! Resta un mistero sconfortante che la certezza dell'impunità abbia portato persone di eccezionale responsabilità a immaginare che mai in questo vaso di Pandora della corruzione si sarebbe aperta una crepa.
Per le sue caratteristiche, la vicenda Mose si annuncia come la più grave, forse, dai tempi di Tangentopoli, ma è un fatto che qualunque situazione di grande rilevanza pubblica degli ultimi cinque anni, dal terremoto dell'Aquila ad Expo e ora al Mose, abbia portato in seno la serpe della corruzione. Come si può rimediare al sistematico sputtanamento internazionale che tutto questo comporta ?(Cortina ha perso l'altro ieri i mondiali di sci per un voto e chissà che lo spettro di nuovi lavori e nuova corruzione nel Veneto non abbia influenzato qualche commissario...). Le pene sono state aumentate e i controlli lo saranno. Ma non basta. Politici ladri e imprenditori imbroglioni esistono in tutto il mondo. Se in Italia trovano un terreno più fertile sarà forse per una nostra maggiore propensione a delinquere, ma soprattutto perché le norme sono così scoraggianti e i centri di veto così numerosi che anche qualche imprenditore tendenzialmente onesto può essere tentato dal cercare una corsia di sorpasso illecita. Il diritto romano, nella sua autorevole semplicità, è alla base delle leggi di buona parte del mondo occidentale. Perché il legislatore moderno scrive norme confuse e arbitrariamente interpretabili in una lingua che è l'opposto di quella comune? Perché i burocrati per difendere il loro potere infarciscono i testi parlamentari di ostacoli che impedirebbero a qualunque cavaliere di fare un percorso di equitazione netto? Perché ci facciamo tanto male?
Il governo ha il mandato di rivedere per l'ennesima volta il codice degli appalti. Lo scriva in modo chiaro e semplice. Riduca al minimo blocchi e divieti, centralizzi i controlli eliminando la babele di competenze che oggi richiede a qualunque imprenditore di dotarsi di uno sherpa che lo guidi nell'insidiosissimo percorso normativo. Più semplice sarà il percorso, più dure saranno le sanzioni per chi sgarra. Se il Mose sarà completato in 28 anni invece che in 7 e costerà cinque volte più del preventivato sarà perché alcuni gentiluomini lo hanno trasformato in una greppia, ma anche perché la normativa e la sua applicazione sono assolutamente perverse. L'autostrada del Sole Milano-Napoli a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta fu completata in sei anni. Erano italiani anche gli uomini di allora o no?
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