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Dolore cronico, ne soffrono 16 milioni di italiani

 Oltre 16 milioni di italiani soffrono di dolore cronico benigno, più della metà di mal di schiena, e poi di cefalea, nevralgie del trigemino, artrosi.
    Problemi che pesano molto sulla qualità della vita, anche perché il 25%, pur curandosi, continua a soffrire perché si cura male.
    Lo hanno sottolineato gli esperti che partecipano, oggi e domani a Milano, al 5/o International Theras Day.
    Il paziente tipo è una donna fra i 35 e i 50 anni, con mal di testa e dolori diffusi, un reddito familiare medio tra 20 e 40 mila euro l'anno, stressata e con un'educazione medio-bassa. I primi rimedi sono i farmaci antinfiammatori non steroidei, i Fans. In Italia nel 68% dei casi il dolore viene controllato con uno di questi medicinali (ogni anno si consumano 43 milioni di confezioni di Fans), rispetto a una media europea del 44%, con un costo annuale di 4.556 euro per paziente imputabili ad assenze da lavoro e 1.400 come costi diretti a carico del SSN. "Purtroppo il dolore viene sopportato in quasi un terzo dei casi (29%) oppure curato con antidolorifici non specifici (23%)", spiega Giuliano De Carolis, Presidente Federdolore-SICD (Società Italiana Clinici del Dolore), secondo cui "tentativi di trovare nuove strade farmacologiche non hanno sempre successo e il paziente stesso, scoraggiato, non crede più a soluzioni".
    In realtà le soluzioni esistono e risolvono o migliorano la maggioranza dei casi, grazie a nuove tecnologie che permettono approcci mini-invasivi, duraturi e non farmacologici. "La nuova frontiera - per l'esperto - è la neurostimolazione, ancora poco diffusa e praticata in Italia, con cui gli impulsi elettrici calmano i nervi e riducono i segnali di dolore al cervello".
    Per dolori più complessi è possibile intervenire anche a livello midollare con un intervento chirurgico (Stimolazione del Midollo Spinale - SCS) che permette di impiantare un piccolo dispositivo che rilascia in sicurezza lievi impulsi elettrici ai nervi interrompendo o riducendo la trasmissione dei segnali del dolore al cervello. Anche in questo caso l'invasività è ridotta, perché l'intervento oggi viene fatto in anestesia locale.
    (ANSA).
   

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