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Manovra, la Camera vota il mandato al relatore. Retromarcia su tassa sul volontariato

Giovanni Tria, ministro dell'Economia

La commissione Bilancio della Camera ha approvato, con i voti della maggioranza M5s-Lega, il mandato al relatore sulla manovra, che è attesa in mattinata nell’Aula di Montecitorio. Pd e Forza Italia hanno votato contro.

L’opposizione in commissione ha protestato perché il testo è stato inviato in Aula «senza discutere né votare» i circa 350 emendamenti che erano stati presentati alla legge di bilancio.

Bagarre in Commissione bilancio della Camera durante le risposte del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, sulla manovra. I toni si sono alzati dopo che il ministro ha replicato alle critiche del Pd, dicendosi "massacrato" dalle accuse e attribuendo al precedente governo la responsabilità della situazione difficile sul fronte della finanza pubblica, delle clausole Iva e dei rapporti con Bruxelles ereditata dall’attuale esecutivo. In Commissione si sono susseguiti urla e insulti.

Il Pd, con Enrico Borghi, inizia a protestare, difendendo il ruolo del Parlamento. Chiedono di intervenire anche i Dem Luigi Marattin e Maria Elena Boschi. Ma l’atmosfera si surriscalda, fino a richiedere l'intervento degli assistenti parlamentari, quando il deputato M5s Leonardo Donno dice - a quanto riferiscono diverse fonti - al capogruppo Pd in commissione Luigi Marattin: «Stai zitto, deficiente». Secondo i Dem il deputato pentastellato avrebbe poi«insultato anche altre parlamentari tra cui Boschi, Paita, Serracchiani».

Il parapiglia si protrae per qualche minuto. E la calma torna solo quando Donno si scusa con i colleghi. Poi prende la parola il presidente dei deputati Pd Graziano Delrio che al ministro obietta: «Dovrebbe rispondere alle domande e invece sta facendo un comizio». Tria a quel punto riprende la parole: «Non faccio comizi, perché non li so fare. Mi sono scaldato quando parlavo di macroeconomia perché mi appassiona. Ma se qualcuno si è sentito offeso dalle mie parole mi scuso».

Manovra vicina all’ultimo giro di boa, ma a pochi giorni dall’esercizio provvisorio si registrano opposizioni sulle barricate a Montecitorio ed ennesima bocciatura dell’Upb, con il ministro Tria che difende una impostazione che ha invece consentito di «evitare una procedura di infrazione disastrosa» e assicura l'impegno a bloccare i maxiaumenti Iva messi come garanzia per spuntare l’accordo con Bruxelles, il «migliore possibile».

La maggioranza intanto già si prepara alla retromarcia su quella che è stata ribattezzata 'tassa sul volontariato', il raddoppio dell’Ires per gli enti non commerciali che ha messo in allarme tutto il mondo del no profit, trovando sostegno dai sindaci al Vaticano. Correggere, e il prima possibile, è l’intenzione ripetuta 'in batteria' dal capo del governo, Giuseppe Conte, e dai suoi vice, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, mentre nelle stesse ore parando gli attacchi in commissione Laura Castelli ancora difendeva la misura, che «colpisce solo chi fa profitto».

La ratio della norma, che cancella l’agevolazione Ires per enti benefici e di assistenza sociale, ma anche fondazioni, accademie e pure gli istituti autonomi per le case popolari, era quella di colpire «il finto volontariato», i «furbetti», si affannano a dire Di Maio e Salvini, dopo le proteste dell’intero mondo del volontariato, a partire dai frati di Assisi citati poi anche dal leader M5S, e la 'strigliatà arrivata direttamente dal capo dei vescovi, il cardinale Gualtiero Bassetti.

Un intento che andrà mantenuto, evitando però di incidere sulle tante realtà del sociale che «vengono trattate fiscalmente come i falchi speculatori di Wall Street», come denuncia anche l’Anci. Per calibrare meglio l’intervento, come ha detto Conte, andrà trovato quasi mezzo miliardo in un triennio, quanto valeva il passaggio dal 12 al 24% dell’aliquota per il Terso Settore.

Il 'caso Ires' è solo uno dei temi che agita i lavori della commissione Bilancio. Prima c'è un 'caso' diretta web, chiesta dalle opposizioni e negata perchè impedita «dal regolamento», e poi un nuovo 'caso Tria'.

Tria, che spiega di soffrire di una leggera influenza dopo aver fatto il vaccino (ricevendo gli applausi Pd), parla per la prima volta dopo l’accordo con Bruxelles, e difende a spada tratta una manovra che punta a uscire «dalla trappola della bassa crescita» e che resta intatta nei suoi fondamentali, reddito di cittadinanza e quota 100 che arriveranno a gennaio con un po' meno risorse ma senza ridurre platea e portata delle misure, anche grazie ad accorgimenti come il divieto di cumulo e la finestra «di 9 mesi» per gli statali nel caso del pensionamento anticipato. Non è vero, peraltro, che si riducono gli investimenti, sostiene il ministro, ribattendo alla sfilza di rilievi dell’Upb.

L’authority sui conti guidata da Giuseppe Pisauro vede ancora il Paese su un «crinale pericoloso», con il rischio recessione alle porte. E la manovra è meno espansiva di quanto annunciato. Anzi, rischia di essere recessiva nei prossimi anni, nel 2020 e 21 quando ci saranno anche da evitare i maxiaumenti Iva che, se sminati, peseranno comunque sul debito, osservato speciale anche dalla Bce. I margini di intervento per i deputati, comunque, sono nulli: il governo ha intenzione di porre la fiducia sul testo per chiudere definitivamente sabato in nottata o al più tardi domenica. Un solo giorno prima di essere fuori tempo massimo.

Le opposizioni restano sulle barricate: il Pd oggi depositerà un ricorso alla Corte Costituzionale. Mentre Forza Italia ha chiesto un incontro direttamente a Sergio Mattarella, che, a esame ancora in corso non sembra intenzionato a intervenire. I dem intanto preparano anche un sit-in per sabato davanti a Montecitorio, mentre oggi sarà la volta dei pensionati in piazza contro il blocco dell’indicizzazione.

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