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Malattia di Huntington, in Italia al via la sperimentazione di una nuova terapia

Nel Medioevo chi ne era colpito veniva considerato 'indemoniato'. Un editto del 1933 del terzo Reich nella Germania nazista inseriva la patologia tra le condizioni per cui veniva richiesta la sterilizzazione in forma coatta. Ora per la malattia di Huntington, una patologia genetica neurodegenerativa che colpisce la coordinazione muscolare e porta ad un declino cognitivo e a problemi psichiatrici e che e' stata legata a lungo a stigma sociale, si aprono sempre più le porte della ricerca. In particolare l'Italia, dove si stima siano 6500 le persone colpite e 40mila quelle potenzialmente a rischio, farà parte di un gruppo di Paesi che inizieranno nel 2019 la sperimentazione di una terapia mai eseguita prima, con farmaci chiamati anti-senso, disegnati cioè per impedire al gene di formare l'elemento tossico che può provocare danni alle cellule.

È emerso in un incontro a Roma sulla malattia. La sperimentazione, coordinata dall'University College di Londra, prevede la partecipazione di Centri di eccellenza in Usa ed in Europa. Nel nostro Paese coinvolti saranno l'Istituto Besta di Milano, le Universita' di Genova, Firenze, Roma Sapienza (Sant'Andrea), Bologna e l'Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, che coordinerà il progetto.

"Saranno 660 i pazienti coinvolti in 90 centri - spiega il professor Ferdinando Squitieri, a capo dell'unità per l'Huntington e le malattie rare della Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, della neurologia dell'Istituto C.S.S. Mendel, direttore scientifico della Lega italiana ricerca Huntington - e in Italia dovrebbero essere tra i 50 e i 60. Lo studio durerà 25 mesi e mira al rallentamento della progressione dei sintomi. Ci rivolgiamo ai malati, poi in un'eventuale seconda fase anche a chi ha la mutazione ma non ancora i sintomi".

"La terapia sperimentale, che come altre ha come target direttamente la causa della malattia - specifica - avrebbe comunque effetto non su ogni aspetto della patologia. Ma è un passo davvero importante. La speranza è che anche chi è molto giovane possa entrare in questo tipo di sperimentazioni".
   

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