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Al Colosseo torna l'impero dei Severi, dinastia d'Africa

 COLOSSEO - Cosmopoliti, urbanisti, colti. In 40 anni appena di regno, dal 193 al 235 d.C, rivoluzionarono l'assetto viario di Roma e sfamarono la città facendo arrivare grano e olio a quasi un milione di abitanti. Condottieri, ma anche fondatori del primo 'senatino' delle donne. Quasi duemila anni dopo i Severi, l'ultima grande famiglia imperiale, tornano sovrani al Colosseo con ''Roma Universalis. L'impero e la dinastia venuta dall'Africa'', mostra che, dal 16 novembre al 25 agosto 2019 - con inedite aperture anche a Foro Romano e Palatino - per la prima volta racconta governo, società, riforme e discendenza di Settimio Severo e sua moglie l'Augusta Giulia Domna, il primo di origine italica ma nato a Leptis Magna, in Libia, la seconda di Emesa, in Siria, figlia del sacerdote della divinità solare El Gabal. ''Una famiglia forse un po' trascurata finora - racconta il direttore del Parco Archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo - Nel quarantennio in cui furono al potere accaddero cose straordinarie, non attentamente valutate in passato. Con loro ad esempio si attuò il concetto di universalismo e cosmopolitismo di Augusto con la Costituzione Antonina, emessa da Caracalla nel 212 e realizzata da giuristi importanti come Ulpiano. Conferiva cittadinanza romana e stessi diritti a tutti i cittadini liberi residenti nell'Impero, una sorta di Ius Soli ante litteram''. L'idea della mostra, organizzata da Electa e curata dalla Russo con Clementina Panella, Alessandro D'Alessio e Rossella Rea, nasce dal sorprendente ritrovamento nel 2013-2014 dell'archeologa Panella, quando in un saggio di appena tre metri cubi su mura di fondamenta di epoca medioevale alle pendici del Palatino, impastati nella calce cementizia come materiali da riempimento vennero fuori ''33 oggetti in marmo con ritratti, busti, statue e due erme a tre teste uniche al mondo''. Ecco allora che al secondo ordine del Colosseo, ''Roma Universalis'' racconta i Severi con ricostruzioni multimediali e un centinaio di reperti in arrivo da musei italiani e stranieri (compresi i Frammenti Urbis della mappa voluta da Settimo Severo, vetri lavorati ad Alessandria d'Egitto e tre rilievi dai recenti scavi della metropolitana di Napoli). ''Ma ogni mostra al Parco archeologico deve essere occasione per aprire nuove aree'', sottolinea la Russo. Così per rivivere i grandi sforzi severiani per la città, dalle terme regalate ai cittadini al restauro del Colosseo e il riassetto viario, si prosegue tra Foro Romano e Palatino in un percorso di sette nuove aree, ''quasi tutte mai accessibili prima d'ora''. Si va dall'Arco di Settimio Severo al Tempio di Romolo, che oggi raccoglie l'esposizione di quei bellissimi reperti trovati nel 2014, fino al recuperato Vicus ad Carinas ''uno dei più antichi percorsi di Roma - racconta il direttore del Colosseo, Rossella Rea - che collegava l'Esquilino alla Valle del Foro''. Qui, dove un tempo pullulava la Roma delle botteghe e dei viandanti, ora si passa sotto l'Arco del ladrone fino ad affacciarsi sul Tempio della Pace, dove al tempo ''era esposto il bottino d'oro conquistato a Gerusalemme'' e dove oggi sono tornati a brillare i colori dell'opus sectile pavimentale, ''con ancora tracce dell'incendio citato da Procopio''. Alla base del Palatino, invece, un attentissimo lavoro di stratigrafia e restauro restituisce le Terme dell'imperatore Elagabalo, ''probabilmente un ospitium, ovvero una sala di accoglienza prima dei palazzi imperiali, dove si banchettava tra gli zampilli delle fontane'', spiega la Russo. E poi i luoghi dei Severi, con la Domus e le mura che portano il nome della dinastia, lo Stadio Palatino (''dove inizieranno i restauri la prossima settimana'', dice D'Alessandro) e la Sala dei capitelli, nell'800 una sorta di Wunderkammer.

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