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Ferrari, Arrivabene: "Mondiale missione impossibile, Vettel sarà campione con noi"

Maurizio Arrivabene

Il Mondiale di Formula 1 a quattro gare dal termine della stagione e con 67 punti di svantaggio è praticamente quasi perduto per Sebastian Vettel, ma un giorno il pilota tedesco vincerà il titolo con la Ferrari. Ne è convinto il team principal della scuderia Maurizio Arrivabene che, invitato al Festival dello sport di Trento, ha assicurato che la Rossa non mollerà di un centimetro finché la matematica non darà ragione definitivamente alla Mercedes: «Il mondiale al momento è una mission impossible - ammette Arrivabene - ma non partiamo assolutamente battuti per Austin, non è finita».

Per quanto riguarda Sebastian Vettel - ha aggiunto Arrivabene «ha bisogno di un’auto disegnata su misura. Quando lo sento in cuffia mi sembra di parlare con Michael Schumacher. Anche lui è tedesco, ma è molto italiano dentro... Da piccolo papà Norbert lo portava in Italia e poi passavano sempre da Maranello per respirare l’aria della Ferrari. Sono sicuro, per l’impegno che ci mettiamo tutti, che riuscirà a vincere con il Cavallino. Prima o poi sarà campione del mondo con la Ferrari». Ospite della Gazzetta dello Sport a Trento, Arrivabene ha voluto ricordare quanto sia totalmente coinvolto nel mondo Ferrari: «Io il Cavallino non ce l’ho solo sulla giacca, ma ce l'ho nel cuore».

Poi il team principal della Ferrari ha ricordato il suo primo incontro con il fondatore, Enzo Ferrari: «Arrivato in sede, era il 1987, aspetto fuori prima di poter incontrare il Drake. Mentre aspetto vedo rientrare una monoposto di Formula 1. Ovviamente la guardo  seguo con gli occhi mentre viene riportata nei box. Con la coda dell’occhio mi accorgo che si è mossa una tenda nell’ufficio di Ferrari. Ho scoperto poi che lui disse: Il ragazzo va bene, l’ho capito da come ha guardato la mia macchina». Infine un aneddoto sull'indimenticato campione di Formula 1 Ayrton Senna: «con Senna ci conoscevamo bene, facevamo delle partite di pallavolo in spiaggia con Patrese, cercavamo sempre di schiacciare sui giornalisti a Port Douglass in Australia».

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