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Emergenza rifiuti in Sicilia, ci risiamo

Va in scena il solito copione, l'ennesima replica. Lo spettro di una nuova emergenza rifiuti si aggira in Sicilia e la causa è sempre la stessa. Non decolla una gestione che confida quasi esclusivamente su due teoremi perversi: l'ampliamento e lo sfruttamento al massimo delle discariche e la speranza che la raccolta differenziata raggiunga in tempi brevi percentuali altissime. Il j'accuse lanciato ieri pomeriggio dal presidente Nello Musumeci all'Ars ha avuto accenti sinceri e preoccupati. Il motivo? Nessuna Regione ha voluto accogliere i rifiuti della Sicilia.  

E anche il governo nazionale finora non ha risposto all'appello lanciato dall'Isola per trovare una soluzione, per sollecitare qualche amministrazione ad essere più "ospitale" con la nostra immondizia. E i poteri commissariali dati a Musumeci? Il presidente si è definito "dimezzato", ha fatto capire che le sue prerogative hanno in realtà un raggio limitato solo ad alcuni impianti. E che ritardi burocratici gli hanno impedito di agire anche per quel poco che la legge gli consente. Un fatto clamoroso che finora non era emerso con questa chiarezza. Le discariche? Ce ne sono nell'Isola una infinità – ben 511 ha rivelato il presidente – e diverse sono pericolose per l'ambiente. La differenziata? Segnali positivi con un aumento nelle medie e piccole realtà, ma le grandi città restano pesantemente indietro rispetto agli obiettivi. Domande e risposte che fotografano una realtà fosca e con prospettive ancora più buie.

Le principali discariche in tutta la Sicilia sono ormai al limite della capienza, con pochi mesi di autonomia (circa un anno grazie agli ultimi ampliamenti), non sono stati costruiti nuovi impianti, la soluzione dei termovalorizzatori è stata scartata da tempo. In sostanza, pagheremo a breve il conto degli annosi ritardi della politica e della scandalosa assenza di una gestione complessiva della raccolta dei rifiuti: lungaggini e carenze che accomunano i governi di centrodestra e di centrosinistra che si sono succeduti negli ultimi vent'anni.

Di certo, non si può addossare la croce tutta sulle spalle di Musumeci anche se molti mesi sono passati quasi senza modificare i termini dell'emergenza. Dall'altra parte i sindaci delle grandi città siciliane non possono dormire sonni tranquilli visto che sono proprio Palermo, Messina e Catania a far abbassare drasticamente la media della differenziata. La Regione aveva tentato di scuotere i primi cittadini ma la minaccia di una destituzione in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi è naufragata sotto una pioggia di ricorsi.

Abbiamo parlato di due teoremi perversi che riguardano discariche e differenziata. Il primo aspetto: come in passato, ribadiamo che oggi gettare quasi tutta l'immondizia in una voragine è una scelta suicida dal punto di vista ambientale e totalmente superata. Eppure ogni volta che si è presentato un allarme rifiuti nell'Isola, tutto si è risolto non programmando una via d'uscita definitiva ma semplicemente dando il via libera allo sfruttamento più intensivo delle discariche esistenti. E' successo anche quest'anno. Di conseguenza c'è una enorme quantità di immondizia che viene ancora smaltita scavando un buco nel terreno (circa il 70% del totale in Sicilia, in Friuli e Lombardia è invece appena il 4%, in Veneto il 10%).

Una situazione che già ha scatenato l'ira della Ue e del governo nazionale. Per quanto riguarda la differenziata, siamo al libro dei sogni: il Centro-Nord ha impiegato venti anni per arrivare alle attuali meritorie percentuali. Programmare una impennata della raccolta in Sicilia in appena pochi mesi è semplicemente irrealizzabile. Si colgono segnali positivi – Musumeci ha portato ieri alcune cifre in miglioramento – ma il vero decollo è ancora lontano. Infine è rimasto al livello di annuncio il progetto di coinvolgere nella differenziata parrocchie e supermercati con un sistema di incentivi per i cittadini, un'ottima idea che in altre regioni è invece da tempo operativa.

Capitolo termovalorizzatori: più volte abbiamo descritto come si tratti di impianti moderni, sotto costante controllo per le emissioni, che si trovano persino nel centro di grandi città e capitali in Italia e all'estero. Assicurano energia a basso costo, facendo diventare l'immondizia una ricchezza in buona parte del mondo occidentale. Se si rifiuta questa strada per un pregiudizio ideologico, occorre proporre delle alternative in grado di arrivare allo stesso risultato economico con una ottimale gestione dello smaltimento dei rifiuti. Ma non sembra che finora siano state avanzate proposte del genere.

Se invece le remore sono dovute al timore di infiltrazioni mafiose negli appalti per questi impianti, vale la pena ricordare che il presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, proprio l’altro ieri ha sottolineato che per i clan uno dei più grandi business degli ultimi anni è proprio lo smaltimento rifiuti e tutto ciò che gira attorno alle discariche e alla gestione delle periodiche emergenze. Aspettiamo quindi il prossimo piano rifiuti, le mirabolanti promesse e la nuova riforma, l'impennata della differenziata. Col timore di ritrovarci qui a vedere invece l'ennesima replica, il solito copione. Di una commedia che a breve rischia di diventare tragedia.

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