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Trapianto di faccia: dopo rigetto, ricostruzione con i tessuti della paziente

E' andata a buon fine la ricostruzione temporanea del volto della paziente sottoposta lo scorso sabato al trapianto di faccia con i suoi stessi tessuti. Lo afferma il primo bollettino di oggi dell'ospedale Sant'Andrea di Roma, secondo cui la donna è "in condizioni discrete". "Come previsto dal protocollo e in attesa del nuovo trapianto - si legge -, la paziente è stata sottoposta ad intervento di ricostruzione temporanea con trasferimento microchirurgico di tessuti autologhi (muscoli gran dorsale e serrato anteriore più innesto di cute della coscia); l'intervento è proseguito, senza alcuna difficoltà, dalle ore 21 del 24 settembre alle ore 2.00 del 25 settembre. La paziente è tornata in isolamento in Terapia Intensiva, attualmente è vigile e le sue condizioni generali sono discrete. Al momento il lembo è perfettamente vascolarizzato; gli esami e le valutazioni effettuate depongono per un decorso regolare".

 A indurre i medici a intervenire è stato un "sospetto rigetto".  L'intervento chirurgico è tecnicamente riuscito" ma "i tessuti trapiantati hanno manifestato segni di sofferenza del microcircolo". Per questo si valuta "una ricostruzione temporanea con tessuti autologhi della paziente nell'attesa di una ulteriore ricostruzione con un nuovo donatore". 

Esperto Usa, 'rigetto nel 90% dei casi' 

 "Il rigetto è molto comune nei trapianti di faccia, e si presenta nel 90% dei pazienti entro il primo anno". Lo afferma all'Ansa Bohdan Pomahac, il chirurgo che ha effettuato il primo intervento di questo tipo negli Usa, commentando i problemi sorti dopo l'operazione effettuata a Roma.

Pohamac ha effettuato diversi trapianti a partire dal 2011, quando ha ridato un volto a un veterano Usa che era stato sfigurato da una scossa elettrica. "Nella nostra esperienza i pazienti hanno una crisi di rigetto all'anno anche dopo il primo periodo - aggiunge Pomahac, che ovviamente non si esprime sul caso specifico della donna romana che ha subito l'intervento -. Per fortuna la maggior parte delle crisi si risolve con i farmaci immunosoppressori".
Quando i farmaci non funzionano si può arrivare a fare un secondo trapianto. E' il caso di Jerome Hamon, che ha ricevuto un nuovo volto nel 2010 in Francia e che pochi mesi fa ne ha avuto un altro, proprio a causa del rigetto. 

 

L'intervento di trapianto della faccia effettuato su una donna presso l'Azienda ospedaliero-universitaria Sant'Andrea di Roma ed è tecnicamente riuscito.

L'équipe, composta da chirurghi e anestesisti, con infermieri strumentisti che si sono alternati in sala, ha operato complessivamente per 27 ore. Sottoposta a terapia immunosoppressiva antirigetto, la paziente è attualmente in coma farmacologico indotto e rimarrà in isolamento nella Terapia Intensiva. La prognosi è riservata.

Nel corso della giornata l'ospedale ha reso noto che la donna è in "buone condizioni cliniche" le che "è entrata in Terapia Intensiva intorno alle ore 6.00 di questa mattina. Tutti i controlli eseguiti finora "sono risultati nella norma". Di conseguenza "si sta progressivamente sospendendo la sedazione per svegliarla". La donna resterà in isolamento nel reparto di terapia intensiva per i prossimi giorni, in prognosi riservata.

"È stato come un concerto, nel quale bisogna coordinare una serie di artisti per sviluppare un'opera": così Fabio Santanelli di Pompeo, responsabile dell'Unità Operativa di Chirurgia Plastica dell'ospedale Sant'Andrea di Roma, ha descritto all'ANSA il primo trapianto di faccia eseguito in Italia.

Il fatto di essere stati gli apripista in Italia "non è importante", ha detto ancora Santanelli. "Non abbiamo mai pensato al fatto di essere i primi, ma - rileva - solo alla possibilità e al piacere di aiutare un paziente. Ora abbiamo la speranza che questo intervento possa aprire la strada ad altri simili, abbiamo qualche persona già in lista d'attesa ma sono sicuro che con la diffusione della notizia più pazienti capiranno che possono fare l'intervento". Anche la durata dell'operazione, oltre 27 ore, non è un problema per il chirurgo. "Capita spesso di avere interventi molto lunghi in chirurgia plastica - sottolinea Santanelli - e io stesso ne ho fatti già alcuni in passato. Ci si aiuta con la caffeina, ma comunque l'adrenalina dell'intervento è già sufficiente a non far pensare al tempo che passa, è una cosa che si guarda solo alla fine".

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