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Papa Francesco in Lituania: "Basta con la volontà di scartare ed emarginare gli altri"

Papa Francesco si immerge nella storia tragica del popolo lituano, che nell’ultimo secolo ha conosciuto sia il dominio sovietico che l’occupazione hitleriana, sia le deportazioni nei lager che nei gulag, e ne trae motivo per nuovi forti richiami contro ogni volontà di
"annientare, emarginare, scartare» l’altro, contro i «deliri d’onnipotenza» e i tentativi di spogliare l’uomo della sua "dignità», contro i cedimenti ai vecchi «canti di sirena» che possano riportare in auge nel continente le ideologie naziste.

Già nella messa della mattina a Kaunas, seconda città della Lituania, vero bagno di folla nel Parco Santakos con oltre 100 mila persone, il Pontefice ha ricordato che «le generazioni passate avranno avuto impresso a fuoco il tempo dell’occupazione, l’angoscia di quelli che venivano deportati, l'incertezza per quelli che non tornavano, la vergogna della delazione, del tradimento», e che «la Lituania intera lo può testimoniare con un brivido al solo nominare la Siberia, o i ghetti di Vilnius e di Kaunas, tra gli altri». Per Francesco, tra l’altro, «il desiderio di potere e di gloria è il modo più comune di comportarsi di coloro che non riescono a guarire la memoria della loro storia», e proprio il richiamo alla «memoria" è stato per lui il filo rosso di tutta la giornata.

All’Angelus ha quindi spiegato che «l'empio» non solo «ha la pretesa di pensare che la sua forza è la norma della giustizia», di «sottomettere i più fragili, usare la forza in una qualsiasi forma, imporre un modo di pensare, un’ideologia, un discorso
dominante, usare la violenza o la repressione», ma «non vuole che gli altri, facendo il bene, mettano in risalto questo suo modo di fare": «il male cerca sempre di annientare il bene».

E soprattutto, ricordando che 75 anni fa (23 settembre 1943) "questa Nazione assisteva alla definitiva distruzione del Ghetto
di Vilnius» e «così culminava l’annientamento di migliaia di ebrei che era già iniziato due anni prima», ha chiesto di fare "memoria di quei tempi» e invocato il «dono del discernimento per scoprire in tempo qualsiasi nuovo germe di quell'atteggiamento pernicioso, di qualsiasi aria che atrofizza il cuore delle generazioni che non l’hanno sperimentato e che
potrebbero correre dietro quei canti di sirena». E auspicando "attenzione agli esclusi, alle minoranze, ha ammonito ad
"allontanare dai nostri ambienti e dalle nostre culture la possibilità di annientare l’altro, di emarginare, di continuare a scartare chi ci dà fastidio e disturba le nostre comodità».

Anche nell’incontro col clero in cattedrale, sempre a Kaunas, parlando 'a bracciò, ha invitato a «non dimenticare i vostri martiri», a quanti - vescovi, preti, suore - hanno subito l’onta della prigionia, della tortura. «Sono dei santi!», ha esclamato. "La violenza usata su di voi per aver difeso la libertà civile e religiosa, la violenza della diffamazione, il carcere e la deportazione non hanno potuto vincere la vostra fede in Gesù Cristo», ha riconosciuto, esaltando l’eroica Chiesa locale.

E al ritorno Vilnius, dopo la preghiera al Monumento alle Vittime del Ghetto (da 40 mila a zero la popolazione dal 1941 alla chiusura nel '43) un altro momento di forte suggestione è stata la visita al Museo delle Occupazioni e delle Lotte per la
Libertà, l’ex edificio della Gestapo prima e del Kgb poi, teatro di migliaia di esecuzioni, luogo di detenzione e tortura per molti cattolici, compresi quattro vescovi. Il Papa visita le celle, vi accende un cero, vi sosta in raccoglimento. Poi, davanti al vicino Monumento, prega per quanti hanno «sofferto nella loro carne il delirio di onnipotenza di quelli che pretendevano di controllare tutto": il grido del Signore - «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», «ci mantenga svegli», "ci liberi dalla malattia spirituale da cui, come popolo, siamo sempre tentati: dimenticarci dei nostri padri, di quanto è stato vissuto e patito». E doni «il coraggio di impegnarci con determinazione nel presente e nel futuro» per «non adeguarci alle mode del momento, agli slogan semplificatori, e ad ogni tentativo di ridurre e togliere a qualsiasi persona la dignità».

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