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Cgia, le micro imprese in Italia danno lavoro a 8 milioni di persone: "Sono il nostro asse portante"

L'Italia è il Paese dell'Eurozona che può contare sulla platea più ampia e "decisiva" di micro imprese. È quanto emerge da uno studio della Cgia di Mestre secondo cui le imprese con meno di 20 addetti sono oltre 4 milioni (il 98,2% del totale) e danno lavoro a 8 milioni tra operai e impiegati, pari al 56,4% di tutti gli addetti del settore privato in Italia.

Secondo l'ufficio studi di Mestre, inoltre, nelle realtà italiane con meno di 20 addetti lavora il 56,4% degli occupati del settore privato. Un dato significativo se è vero che la media Ue è ferma al 39,9%, ovvero il 16,5% in meno rispetto all’Italia. Emblematici sono poi i dati di Francia e Germania: nella prima l'incidenza è del 34,7%, nella seconda scende sino al 30,5%.

Stando agli ultimi dati riferiti al 2015, le aziende italiane con meno di 20 addetti hanno generato 1.071 miliardi di fatturato che incidono per il 35,9% sul totale nazionale. Quanto al valore aggiunto, ovvero la ricchezza prodotta nel Paese, queste piccole realtà hanno realizzato 286 miliardi di euro, pari al 9,9% del totale nazionale.

In base ai dati elaborati sulle previsioni della Commissione europea e Prometeia, inoltre, negli ultimi 6 mesi dell’anno dovremmo registrare, rispetto allo stesso periodo del 2017, 36 mila occupati in più (+0,2%) e 25 mila disoccupati in meno (-0,9%) che porteranno la platea degli occupati a 23.174.000 unità, superando il punto massimo di 23.112.000 unità raggiunto nel 2008 mentre le persone in cerca di lavoro scenderanno a quota 2.800.000, comunque 1.300.000 persone in più rispetto al milione e mezzo di senza lavoro che contavamo nel 2007, ovvero l’anno ante crisi.

«Almeno il 70% di questi piccolissimi imprenditori prima di mettersi alla guida della propria attività abbia lavorato come dipendente - dichiara Paolo Zabeo della Cgia - Un’esperienza che è stata determinante per la formazione e il know how di questi titolari d’azienda». «Le nostre micro aziende - aggiunge il segretario della Cgia Renato Mason - rappresentano l’asse portante dell’economia del nostro Paese e assolvono anche un ruolo sociale importantissimo. Purtroppo, ce ne accorgiamo quasi sempre troppo tardi, ovvero quando non ci sono più».

Sempre secondo Mason «le chiusure di tantissimi piccoli negozi e botteghe artigiane avvenute in questi ultimi anni, infatti, hanno reso i centri storici e, soprattutto, le periferie delle nostre città più insicure e meno vivibili». Al 30 giugno sono 144 i tavoli di crisi aziendali ancora aperti al ministero dello Sviluppo Economico con almeno 189.000 lavoratori coinvolti. Di queste imprese, spiega ancora la Cgia, 31 hanno cessato in tutto o in parte la loro attività in Italia per delocalizzare all’estero. Diverse le "patate bollenti" che il ministro del Lavoro Luigi Di Maio dovrà gestire nelle prossime settimane, su tutti i casi Alitalia, Almaviva, Bekaert, Ilva e Italiaonline (ex Pagine Gialle).

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