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Diciotti, pericoloso scontro fra le istituzioni

La Diciotti bloccata sul molo di Catania è la fotografia di un’Europa che non trova - o non vuole trovare - la quadra su come affrontare un’emergenza che non ha fine. Da anni ci prova o finge e di certo non ci riesce. Ci proverà o fingerà di farlo anche oggi, nell’ennesimo vertice che si spera riesca almeno a salvare la faccia a una Comunità fin troppo litigiosa e passiva.

Ma quella nave ferma e quei migranti ancora a bordo sono anche la fotografia di uno scontro istituzionale che non ha precedenti nel nostro Paese. Con un ministro delle Infrastrutture che dà il permesso all’attracco della nave e un ministro dell’Interno che proibisce lo sbarco. Col risultato che prima siamo andati a raccogliere i migranti in mare con una nostra nave militare e poi impediamo che quelle persone possano scendere a terra e avere degna assistenza. Che su quella nave militare è ben difficile avere per tanti giorni. Soprattutto per questioni igieniche e sanitarie. Pochi bagni per centinaia di persone già alle prese con malattie come la scabbia.

Una nave militare non è attrezzata per affrontare a lungo questo tipo di emergenze. I migranti che dormono e stendono i panni sul ponte della nave non è un spettacolo di decenza. Fin qua potrebbe trattarsi solo di «diversità di vedute» all'interno di una maggioranza di governo non omogenea. Anche se opportunità e rispetto degli elettori vorrebbero che gli esponenti del governo parlassero in maniera univoca e senza far volare gli stracci come pessimi amanti. Certo, il no del ministro dell'Interno torna a far emergere la non-politica della Ue, da anni immobile.

C'è una redistribuzione dei migranti che esiste solo sulla carta. Ma tutto questo non può e non deve avere come risultato uno scontro istituzionale che in Italia non si è mai visto. Perché il ministro dell'Interno Salvini ha alzato ancora di più il tiro, affrontando a muso duro direttamente il presidente della Camera e, ancor peggio, il presidente della Repubblica. Cioè la terza e la prima carica istituzionale del Paese. Non è cosa di poco conto, soprattutto per le parole usate: "Qui comando io, rispondo solo al mandato che mi hanno dato gli italiani". Non solo, ma in uno studiato crescendo rossiniano, Salvini va oltre e ammonisce chi non è d'accordo con lui: «O cambiate Paese o cambiate ministro».

Vero è che la nostra Costituzione attribuisce al governo e ai suoi ministri la responsabilità dell'agire e del decidere, ma è pur vero che dà al presidente della Repubblica il ruolo di garante dei principi sanciti dalla Costituzione. E che egli ha il dovere di richiamare tutti all'ordine nel rispetto di quei principi. Soprattutto perché, lo sottolineiamo ancora, una nave italiana è andata a soccorrere quei migranti. Se lo si è fatto, è giusto che quelle persone ora trovino conforto a terra. Altrimenti, non si faceva partire una nave dello Stato. Perché la Diciotti è un pezzo del nostro Paese. Altra cosa è fare valere le proprie ragioni in sede europea. Ci sono gli strumenti e le sedi per farlo. Là si misura la capacità di un governo di dire basta ad anni di silenzi, di indifferenza, di veti e controveti. Non è tollerabile che alcuni Stati non vogliono i migranti ma prendono i soldi dalla Comunità europea. Anche i nostri. Intollerabile almeno quanto quella nave italiana ferma in un porto italiano con a bordo poveri esseri umani non italiani e di cui solo l’italia sembra doversi occupare. anche se al momento ne è comunque territorialmente e giuridicamente responsabile. Non dimentichiamolo.

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