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Tuscia da scoprire tra castelli, borghi, etruschi e golosità

VITERBO - Un rifugio ombreggiato, un’oasi di pace dietro casa. Non è lontana la Tuscia dell’Alto Lazio tra la costa maremmana e il primo Appennino, in posizione così centrale eppure appartata. Un giardino del vivere lento, non ancora invasa dal turismo di massa, una scoperta inaspettata e piacevole. Per i pellegrini della Via Francigena i suoi paesaggi segnalavano che l’arrivo a Roma era ormai prossimo. La Tuscia ha tanti cuori ma uno dei più affascinanti per chi è alla ricerca di silenzi, panorami assorti, itinerari culturali, benessere termale senza penalizzare la gola, si stringe intorno al lago di Bolsena, primo in grandezza tra i bacini vulcanici d’Europa.

Siamo in provincia di Viterbo. Un paesaggio collinare con un susseguirsi di boschi, chiese, castelli, borghi arroccati, sorgenti termali già note ai romani, territori dalla forte impronta etrusca ma abitati fin dall’ Età del ferro. La Tuscia laziale conserva ancora il sapore di un’Italia d’altri tempi, un sapore che si ritrova intatto alla sua tavola ricca di tanti prodotti Dop, a partire dall’olio di Canino, le nocciole e le castagne dei Monti Cimini, i ceci del solco dritto di Valentano, l’asparago verde caninese, le minestre di legumi, le erbe della misticanza, i pregiati pesci di lago. Un crocevia (vicini i confini di Umbria e Toscana) di sapori semplici e antichi, oggi in rapida riscoperta: facilissimo tornare a casa con il bagaglio pieno di scorte.

Scegliendo un itinerario inconsueto, partiamo da Capodimonte, piccolo incantevole borgo dominato dalla Rocca dei Farnese, con una piacevolissima passeggiata lungolago, dal cui porticciolo si prende il largo alla scoperta delle due isole del Lago di Bolsena, l’isola Martana e l’isola Bisentina, risultanze dell’attività millenaria del vulcano ormai spento di cui parlava già Plinio in Vecchio. La navigazione sulle acqua del Bolsena svela una limpidezza sorprendente, il lago è alimentato da sorgenti interne, alcune anche calde.

La piccola Martana ci affascina subito per la vicenda di Amalasunta, regina dei Goti, che qui venne relegata e poi uccisa. Sono ancora visibili i ruderi della rocca e del monastero, che si ergono su una parete rocciosa a picco alta 70 metri, oggi regno indiscusso di corvi, gabbiani, falchi volteggianti.

L’isola Bisentina (dall’antico nome di Capodimonte, Visentum) è un vero e proprio scrigno, un’autentica‘camera delle meraviglie’ in 17 ettari di territorio vulcanico: la chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo con la cupola disegnata dal Vignola; i sette oratori sparsi tra il bosco e l’oliveto (come i sette paesi che affacciano sul lago); il contiguo convento francescano, la cappella del Crocifisso con affreschi quattrocenteschi attribuiti alla scuola di Benozzo Gozzoli.

Il tempietto a pianta ottagonale di Santa Caterina, realizzato da Antonio da Sangallo il Giovane su un colombario etrusco fino al sito più misterioso, la famosa ‘Malta dei Papi’, stretto cunicolo di origine etrusca scavato nelle profondità dell’isola, utilizzato a lungo come prigione; ne parla Dante nel IX Canto del Paradiso.E ancora siti preistorici, tombe etrusche incastonati tra i giardini all’italiana e gli alberi secolari, un’isola magica intrisa di miti e leggende.

Della ‘perla del Lago di Bolsena’ si è innamorata di recente la famiglia Rovati, proprietaria dell’omonima casa farmaceutica, acquistandola dalla principessa Maria Angelica Del Drago. La ristrutturazione è già in atto e prevede la tanto attesa apertura al pubblico con percorsi dedicati, anche subacquei, l’accesso a studiosi, esperti e archeologi, mentreuna struttura sarà adibita all’ospitalità di artisti.

Facendo rientro a Capodimonte non perdetevi una visita al Museo della Navigazione delle acque interne, dove si può ammirare una piroga trovata nei pressi dell’isola Bisentina, risalente all’Età del Bronzo.
 
Tra una sosta culinaria e l’altra, lasciandosi cullare dall’aria quieta del lago, proseguiamo ancora sulle tracce degli Etruschi visitando la celeberrima Tomba Francois (340-330 a.C.), dal nome dell’archeologo fiorentino che la scoperse nel 1857. Uno dei più importanti monumenti etruschi soprattutto per la sua ricca decorazione ad affresco che ne fa una delle più straordinarie manifestazioni di pittura etrusca. Si trova nella necropoli di Ponte Rotto a Vulci (ma i preziosi affreschi sono oggi conservati a Roma, a Villa Albani).

Non lontano, il castello medievale della Badia (IX sec) che ospita il Museo archeologico nazionale di Vulci. Il maniero, che sorge su un’antica abbazia benedettina fortificata, fu nei secoli oggetto di innumerevoli contese molte delle quali hanno visto protagonista il ponte dell’Arcobaleno di impianto etrusco, detto anche Ponte del Diavolo a motivo della sua imponente altezza sul sottostante fiume Flora.

Marta, antico borgo di pescatori dominato dalla torre dell’Orologio, non è da meno. Fiore all’occhiello di Marta è la cucina varia e gustosa che può contare anche su un ottimo vino Doc, la Cannaiola. A Marta si radunavano i migliori pescatori di anguille, di cui era ghiottissimo Papa Martino IV tanto che Dante nel Purgatorio lo colloca nella cornice dei golosi, usando affogarle nella Vernaccia di San Gimignano per renderle più prelibate.

A Marta inoltre si può provare il brivido di alloggiare in una antica ‘Cannara’ di epoca medioevale, costruita sopra un piccolo salto del fiume omonimo dove transitavano i branchi di anguillenel loro passaggio migratorio verso il Mar dei Sargassi, rimanendo impigliate in un reticolo di grate di ferro, anticamente costruito usando le canne, di qui il nome. Oggi La Cannara è un delizioso B&B coperto di edera, una casa sul fiume unica dove si entra attraverso un fiabesco giardino, che conserva ancora gli antichi vasi dove venivano tenute le anguille una volta pescate (possono sopravvivere a lungo) e le tavolette di legno con i prezzi della pesatura. Per rinfrescarsi, oltre al rumore costante dello scorrere dell’acqua (anche sotto la stanza da letto), una grande piscina di pietra grigia.

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