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Ma io ho vissuto un’altra Forza Italia

Se ti dicessero che, senza accorgertene, tu hai vissuto per anni in un luogo di cui non eri consapevole? Se ti dicessero: sai, non hai vissuto per anni in città, ma in campagna. Tu che penseresti? Sì, forse che chi parla non sa quel che dice. Tu lo sai dove hai vissuto, ne hai le prove.

Hai pagato le bollette, la quota condominiale, due multe per divieto di sosta. Insomma una vita da città. Invece no, ti senti dire: hai vissuto in campagna. Io, dopo un lunghissimo sodalizio con Leoluca Orlando, finito per le troppe delusioni da me patite, fui incaricato da Forza Italia con il ruolo di portavoce in Sicilia e in Senato. E nella mia Isola ho vissuto quasi tutti i passaggi di quel tempo complicato perché la Sicilia, si sapeva, era rischiosa.

Sentivo la responsabilità del tenere gli occhi ben aperti, ma ero consapevole che quella circostanza politica non conteneva, come oggi qualcuno prova ad affermare, un rischio genetico di complicità. Lo ero consapevole per molti motivi. Silvio Berlusconi, infatti, sino a poco tempo prima – il tardo autunno 1993 - aveva rivolto più volte appelli ai democristiani Mino Martinazzoli e Mario Segni perché prendessero la guida dei moderati in Italia e impedissero la prevista affermazione del partito dei postcomunisti, l’unico «risparmiato» dalla Procura di Milano. Non accettarono. Se l’avessero fatto oggi la storia sarebbe un’altra e non si parlerebbe di lontani patti tra Cosa nostra e Forza Italia. Vabbè.

Poi fui attento, con l’appassionata attività di Gianfranco Micciché, a evitare le «infiltrazioni» Certo, per quanto fosse possibile accorgersene, com’è naturale nelle cose umane. I Club FI erano organismi spontanei, non di iniziativa di partito, ma dei cittadini. E quando ne scorgevamo qualcuno che ci destava anche soltanto sospetti lo chiudevamo d’imperio, secondo le regole. Posso ricordare male – ahi la mia memoria.... - ma credo sia avvenuto con un club di Misilmeri e uno di Terrasini.

Il fatto più emblematico fu quello del Club FI San Paolo Palace. Quest’albergo era di proprietà di Gianni Ienna, imprenditore abile e ben inserito. Tenemmo all’Hotel San Paolo Palace la mega-assemblea di tutti i Club siciliani, ospiti di Ienna e alla presenza di Angelo Codignoni, uomo di Berlusconi e responsabile nazionale della promozione dei club. Alla fine dell’assemblea, dopo avere conosciuto Ienna, io mi incuriosii a quest’uomo. Non mi piaceva e lo dissi a Micciché. Con un’occhiata ci intendemmo sul saperne di più e in poche ore apprendemmo che era un personaggio discusso e discutibile, ma ancora esente da attenzioni giudiziarie significative. Lo dicemmo a Codignoni e lui, senza la necessità di consultarsi con i vertici del partito, ci autorizzò subito a chiudere quel club, seppure così importante e utile per via delle sue strutture accoglienti. Lo facemmo. Forse non erano passate neanche 24 ore da quell’incontro con Ienna. Poi questi entrò sotto la lente d’in - grandimento delle inchieste giudiziarie e venne condannato per mafia. A me rimase la soddisfazione che, ancora una volta, eravamo stati tempestivi e accorti.

E mi rimase il monito sorridente di un sindacalista della Cisl, B.R., che, incontrato in aeroporto, mi chiese: «Ancora vivo sei? Ienna mi ha detto che la chiusura del club la farà pagare a te». Anch’io sorrisi, la cosa mi gratificava e non pensai di denunziarla. Perché? Per rispetto della mia presunta intelligenza. Se Ienna lo aveva detto al primo che aveva incontrato, io potevo ritenermi fuori da ogni rischio. Forse qualcun altro ci avrebbe costruito un carriera di «morto che cammina», con scorta e benefit vari.

Oggi mi dicono che non è andata così. Mi dicono che Forza Italia era, in pratica, un’unica cosa con la criminalità mafiosa. Ma se Martinazzoli o Segni avessero accettato la proposta di Berlusconi, che fine avrebbe fatto l’infame intesa con la mafia? E la chiusura senza ostacoli dei club sospetti? Mah? Però c’è una sentenza di primo grado che oggi dice altro. Ho capito, ma io, allora, dove ho vissuto in quel tempo? Non avrei mai sospettato di essere così distratto. Ci penserò.

 

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