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Italia investe poco in ricerca, quasi la metà di Ocse e Ue

L'Italia continua a investire poco in ricerca e sviluppo. Pur se con qualche leggero aumento, spende quasi la metà rispetto agli altri paesi dell'Ocse e dell'Unione Europea. Non mancano però i dati positivi: aumentano gli studi scientifici pubblicati, i brevetti depositati, e i giovani laureati. Risultati eccellenti, che non si sa quanto potranno durare se non si spende di più. A porre la questione sono due rapporti pubblicati oggi, uno del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), e l'altro dell'Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (Anvur).

Secondo il rapporto del Cnr il nostro Paese spende l'1,3% del Pil in ricerca e sviluppo, quanto Portogallo ed Estonia. Un dato che ci pone al 12/o posto tra i 28 paesi dell'Unione europea, preceduti da Repubblica Ceca e Slovenia. Il rapporto tra spesa in ricerca e sviluppo e Pil è passato dall'1,0% del 2000 all'1,3% del 2015. La spesa per ricerca e sviluppo finanziata dal Governo è rimasta stazionaria, di poco superiore allo 0,5% del Pil, mentre gli stanziamenti del Ministero per l'Istruzione, Università e Ricerca agli enti pubblici di ricerca sono scesi dai 1.857 milioni del 2002 ai 1.483 milioni del 2015.

Nonostante i pochi fondi, i ricercatori italiani sono riusciti a produrre buoni risultati. Dal 2000 al 2016 il contributo italiano alle pubblicazioni scientifiche è passato dal 3,2% al 4% della quota mondiale, raggiungendo la Francia. Un risultato ancora più apprezzabile se si pensa che i paesi occidentali hanno visto la propria quota ridursi, con l'imporsi di paesi emergenti, primo tra tutti la Cina.

Preoccupa invece la moderata crescita del personale di ricerca, e la caduta dei dottori di ricerca da oltre 10 mila del 2007 a meno di 8 mila nel 2016. Qualche dato positivo arriva dai brevetti: aumentano quelli depositati da imprese e autori italiani, con l'ingegneria meccanica come settore di punta. "Se non si investe di più - commenta Daniele Archibugi, uno dei curatori del rapporto -, la situazione diventerà critica". Anche l'Anvur nel suo rapporto conferma che la spesa per la ricerca è ancora bassa, pari all'1,32% del Pil, a fronte del 2,36% della media dei paesi Ocse e dell'1,95% per la media dei Paesi Ue, mentre quella per la formazione terziaria in rapporto al Pil è pari a meno di 2/3 di quella media dei paesi Ocse (0,96% rispetto all'1,55%).

C'è invece una ripresa nel numero dei laureati tra i 25 e 34 anni, tornato ai livelli del 2008-09, con un +2,7% nell'ultimo triennio. Sale anche il tasso di occupazione dei giovani laureati (+4,3%) e delle immatricolazioni all'università, arrivate nel 2017/2018 a quota 291mila, l'8,2% in più rispetto al minimo del 2013/14. Desta qualche perplessità la proposta lanciata ieri dal ministro del Miur, Marco Bussetti, di istituire un'Agenzia Nazionale della Ricerca. Una proposta che il Gruppo 2003 per la ricerca scientifica sostiene da tempo, ma con caratteristiche diverse da quelle che (secondo la stampa) sembrerebbe considerare viale Trastevere. Per il Gruppo, l'Agenzia dovrebbe accorpare e gestire non gli enti, ma tutti i fondi destinati alla ricerca competitiva, mentre per il Ministro dovrebbe svolgere un ruolo di coordinamento unico degli enti di ricerca.

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