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Confcooperative, i network sono la soluzione per il sistema sanitario

(ANSA) - "Non vogliamo una sanità solo per chi se la può permettere. Non è una questione di spesa, ma di riorganizzare i servizi in un Paese che invecchia". A lanciare l'allarme è Giuseppe Milanese, confermato oggi alla presidenza di Confcooperative-Sanità, alla luce degli ultimi dati Istat e Censis. E proprio dalla confederazione arriva la proposta alternativa per affrontare i problemi della sanità: "La cooperazione sanitaria è la via per ripensare il sistema. Una terza via, tra Stato e mercato, che si sostanzia in un network multi-professionale e integrato di cooperative di medici, operatori sanitari, farmacisti e mutue, che si propongono di affiancare il Ssn in chiave sussidiaria. Uno strumento prezioso per ridurre le disuguaglienze e contrastare la privatizzazione strisciante del Ssn", afferma Milanese.

Con oltre 5 milioni di poveri (Istat) - sottolineano - le cure per la salute rappresentano, più di altri indicatori, la cartina di tornasole del disagio sociale ed economico del Paese: 12,2 milioni di italiani rinunciano a curarsi per difficoltà economiche. Oltre 7 si sono indebitati per farlo. Nei prossimi anni, in considerazione dell'andamento demografico, è prevedibile da un lato una crescente domanda di servizi, dall'altro un calo progressivo del numero di medici e infermieri impiegati nel Ssn. Solo nel 2015 si sono registrati 10mila dipendenti in meno rispetto all'anno precedente.

Tra il 2009 e il 2015 i posti persi sono stati complessivamente 40.364. Nei prossimi 5 anni assisteremo a un esodo di 30.000 medici che determineranno un calo del 30% delle attività. Non solo: "A fronte di 4,5 milioni di disabili (di cui oltre 2 milioni in condizioni di particolare gravità) il 30% di questi vive solo, con punte di oltre il 42% tra i disabili over 75", ricorda Milanese. e aggiunge che i posti letto per anziani non autosufficienti nelle strutture residenziali e semiresidenziali sono solo 250 mila, solo un terzo rispetto alla Francia e un quarto rispetto alla Germania. Una situazione che è destinata a peggiorare nei prossimi anni con un ritmo stimato di 8.000 posti letto ogni anno.
   

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