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Istat: disoccupazione ai minimi in Alto Adige, Bagheria maglia nera

C'è chi abita in un Comune ma va a lavorare in quello accanto, che magari rientra in un’altra Provincia. L’Italia è fatta così e sono tanti i pendolari che, con la propria auto o, meno spesso, con i mezzi pubblici raggiungono l’ufficio, la fabbrica o il locale dove prestano servizio.

Ecco che i confini del mercato del lavoro superano spesso quelli amministrativi. All’Istat la cosa non sfugge, tanto da ridisegnare il Paese suddividendolo in 611 aree che fanno perno su un centro, fulcro degli spostamenti dei lavoratori. Una fotografia che vede ancora una volta il Paese spaccato, tra un Alto Adige libero dalla disoccupazione e un Mezzogiorno che invece ne resta attanagliato.

Dati del 2017 alla mano, sul podio dei «sistemi locali del lavoro» più virtuosi, così l’Istat definisce questi microcosmi, salgono San Leonardo in Passiria, con una disoccupazione di appena l’1,9%, Malles Venosta (2,2%) e Silandro, a pari merito con Brunico (3,2%). La maglia nera invece va a Bagheria dove il tasso tocca il suo picco (38,4%), seguono Rosarno (29,5%) e Leonforte (27,9%). Da una parte quindi le valli del Sud Tirolo, tutte a vocazione turistica, con i loro hotel, mercatini e piste sciistiche a un passo. Dall’altra due centri siciliani che, seppure immortalati dal cinema, vale per la "Baaria" di Giuseppe Tornatore, non riescono a creare occupazione. La situazione di Rosarno, nella piana di Goia Tauro, in Calabria, è ormai nota, dalla rivolta dei lavoratori immigrati di otto anni fa alle tensioni legate ad accampamenti superaffollati di stagionali.
Se la Val Passiria, la Val Venosta, la Val Pusteria hanno fatto la loro fortuna come centri di vacanza, attraendo viaggiatori sia d’estate che d’inverno, la vocazione agricola di Bagheria e Rosarno sta, evidentemente, dando molti meno frutti. Certo anche non avere alcuna specializzazione produttiva risulta svantaggioso: è il caso del territorio di Leonforte, piazzato nel cuore della Sicilia.

Ma cosa rappresentano davvero i sistemi locali del lavoro? Sono delle enclave, che possono comprendere più municipi, al cui interno le persone si spostano per seguire la loro occupazione. L'Istituto di statistica li definisce come delle «aree "autocontenute" rispetto ai flussi di pendolarismo per motivi di lavoro». Luoghi in cui «la popolazione risiede e lavora e dove quindi indirettamente tende a esercitare la maggior parte delle proprie relazioni sociali ed economiche».

Si tratta di più Comuni, di solito da tre a una quarantina, i cui affari, e non solo, girano intorno a un polo. E come si può immaginare non mancano i sistemi dominati dalle grandi città. Non stupisce che, sempre parlando di disoccupazione, i poli dove le cose vanno meglio coincidano con Bolzano (4,4%) e Trento (4,8%), seguite da Bologna (6,0%). Subito dopo viene Milano, a pari merito con Trieste (6,6%). Nell’area di Roma invece il tasso sfiora la doppia cifra (9,9%). Reggio Calabria (21,0%), Palermo (23,9%) e Napoli (24,0%) chiudono la graduatoria, con valori praticamente doppi rispetto alla media nazionale dei senza lavoro (11,2%).

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