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'Milleduecento', la fine del Romanico

MATELICA (MACERATA)- Un'immersione nel medioevo umbro-marchigiano per cogliere attraverso trenta opere quel singolare momento storico in cui il linguaggio figurativo muta le sue forme espressive, virando verso quel naturalismo plastico che darà vita a nuovi stili in tutti i settori dell'arte. E' l'obiettivo di una mostra ospitata fino al 4 novembre al Museo Piersanti di Matelica 'Milleduecento. Civiltà figurativa tra Umbria e Marche al tramonto del Romanico'.
    "Un'esposizione preziosa - spiega il curatore Fulvio Cervini -, non solo per la rarità degli eventi dedicati in Italia a questo periodo, ma anche perché molte opere, provenendo dai territori colpiti dal sisma ed essendo conservate nei depositi, sono inaccessibili, mentre qui possono essere messe a confronto con prestiti importanti. A ciò si aggiunga che rispetto ad importanti mostre sul medioevo come quella del 2000: 'Duecento.
    Forme e colori del medioevo a Bologna', dedicata in larga parte alla pittura, o l'altra del 2013 in territorio francese, intitolata 'Una renaissance. L'art entre Fiandre et Champagne 1150-1250', che privilegiava le arti preziose, questa coinvolge sia la pittura, sia la scultura che l'oreficeria, mettendo a fuoco un territorio mai indagato prima alla luce dei più recenti studi sul medioevo". Il percorso espositivo parte dal monumentale crocefisso duecentesco in legno policromo del Museo di Matelica, assunto a modello stilistico, abbinandolo a straordinari esemplari simili, come quello del Duomo di Camerino, del Museo di Sant'Agostino di Genova e della collezione Salini, e confrontandolo come in un riverbero ad opere di scultura e oreficeria. Dai grandi crocefissi di Arezzo e Certaldo alle piccole croci bronzee di Cortona e Fabriano, fino alla spettacolare croce del Tesoro di San Francesco ad Assisi e al piatto smaltato di Limoges del Museo Civico d'Arte Antica di Torino. Ma ci sono anche testimonianze dell'incrocio tra pittura e scultura, con il singolare crocefisso di Arquata del Tronto, quasi un dipinto a rilievo, e le Madonne troneggianti di Cesi, Castelli, Foligno e L'Aquila, con la preziosa testa della Vergine di Brera, fino ai Cristi di Jesi, Montemonaco e San Gimignano, e alla restaurata croce dipinta delle Clarisse di Matelica, normalmente non visibile al pubblico, da cui emerge un rinnovato senso della realtà che darà luogo ad una rivoluzione stilistica. La stessa che ispira le sculture in miniatura, i turiboli, i sigilli e i codici miniati che concludono il percorso espositivo, tra cui spicca quello del XII secolo conservato nella Biblioteca Vallicelliana di Roma, ma proveniente dall'abbazia di Sant'Eutizio in Val Castorianato, luogo devastato dal terremoto.
    La mostra è l'ultimo appuntamento del progetto Mostrare le Marche, nato da un'intesa tra Regione Marche, Mibact, Anci Marche, Conferenza Episcopale e Comuni di Macerata, Ascoli Piceno, Fermo, Loreto, Matelica e Fabriano per promuovere la conoscenza e lo sviluppo dei territori colpiti dal sisma del 2016. (ANSA).
   

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