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Pugno duro dell'Austria: chiuse 7 moschee, via 40 imam

Una delle moschee chiuse in Austria

Su un foglietto la scritta 'Camii Kapalidir', che significa 'chiuso'. Tanti musulmani in Austria restano amareggiati davanti alle porte inaccessibili delle moschee, dove arrivano come ogni settimana per pregare. Il governo di Sebastian Kurz ha infatti disposto la chiusura di 7 templi islamici dell'associazione turca Atib. Con due obiettivi: contrastare il radicalismo in Austria e punire il mancato rispetto della legge sull'islam, che bandisce, fra l'altro, i finanziamenti dall'estero.

Terreno fertile per uno scontro con il leader di Ankara, Erdogan, che ha subito tuonato contro "islamofobia e razzismo". Per ricevere il sostegno del ministro dell'Interno italiano, Matteo Salvini, cha plaude all'iniziativa: "Credo nella libertà di culto, non nell'estremismo religioso. Chi usa la propria fede per mettere a rischio la sicurezza di un paese va allontanato - ha affermato su Twitter -. Spero già la prossima settimana di incontrare il collega austriaco per confrontarci sulle linee d'azione".

I timori del governo austriaco non sono infondati: una delle moschee viennesi che resterà chiusa è ritenuta sotto l'influenza di un movimento fascista noto come 'leoni grigi', ad esempio. Foto di sfilate di bambini, infilati nelle divise militari turche per celebrare la battaglia di Gallipoli, hanno fatto scalpore nei mesi scorsi. Sono state segnalate prediche dai chiari accenti salafiti.

La chiusura, come immaginabile, ha creato però profondo sconcerto nella comunità musulmana locale. "Ci vogliono impedire di pregare", è la reazione indignata raccolta da der Standard, che ha parlato con uno dei tanti fedeli delusi a Vienna. Nel mirino della cancelleria sono finite 4 moschee viennesi, 2 in Alta Austria e una in Carinzia.

Inoltre 40 imam rischiano di non vedersi rinnovato il permesso di soggiorno. "Non c'è posto nel nostro paese per società parallele e tendenze alla radicalizzazione", ha sillabato Kurz. "Non accadrà che si tollerino prediche dell'odio con il pretesto di una religione", ha rincarato la dose l'alleato della destra oltranzista Fpoe, Heinz-Christian Strache. L'Unione turco-islamica Atib raccoglie 60 associazioni, 60 imam e 100 mila membri in tutta l'Austria.

Espressione dell'Islam sunnita, l'organizzazione è la longa manu dell'ente per la religione turco Diyanet, che fa capo al partito di Erdogan. Il loro portavoce oggi ha avuto una giornata molto difficile: "Il governo mi indichi per favore una moschea per la quale si possa parlare di radicalizzazione. Non ce n'è neppure una", ha sbottato Yasar Ersoy. È vero, ha ammesso, che gli imam vengono pagati con fondi turchi, ma in Austria non vi sono i mezzi per un'adeguata formazione. "Non lo abbiamo voluto noi".

Se ad Ankara i commenti sono durissimi - "ecco l'espressione dell'ondata islamofoba, razzista e discriminatoria che attraversa il Paese" - Ersoy non si è sbilanciato in attacchi al governo, al quale si propone piuttosto come "partner pronto ad uno scambio". Intanto il dibattito è aperto, e c'è chi ha messo in guardia da un provvedimento che non risolverebbe il problema: si potrebbe produrre addirittura l'effetto opposto, dando la sensazione di una persecuzione dallo Stato, che spinge all'estremismo, ha spiegato il politologo Thomas Schmiedinger a der Standard.

Una discussione analoga a quella condotta in Germania in campagna elettorale: anche la destra oltranzista di Afd proponeva la linea dura sulle moschee, ma molti ritengono che tenere aperte anche quelle più controverse sia un aiuto alle forze di intelligence, per tenere sotto controllo potenziali terroristi.

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