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La scelta dei cibi ai tempi del Web, italiani confusi e disorientati

Che fine ha fatto la dieta mediterranea, pilastro della tradizione enogastronomica italiana, modello alimentare sostenuto da solide evidenze scientifiche e riconosciuto dall'Unesco patrimonio immateriale dell'Umanità? È stata anch'essa vittima della "bulimia digitale", del racconto del cibo contemporaneo fatto sul web e i social, improntato ai concetti di bellezza e salutismo ad ogni costo, declinato nel suo piacere estetico e visuale, dominato da fake news ed erronee convinzioni.

Proprio con l'obiettivo di far emergere gli aspetti peculiari del racconto del cibo sui nuovi media, Andid, Associazione nazionale dei dietisti, e l'Università di Messina hanno realizzato un progetto di ricerca che ha coinvolto 50 "dietisti digitali". Ne emerge che gli italiani sono sempre più confusi e disorientati sulle scelte di salute, focalizzati su un paradigma di sana e corretta alimentazione che ruota intorno alle calorie e ai singoli alimenti e nutrienti, piuttosto che su un modello globale di stile di vita.

Ma quali sono le convinzioni errate più diffuse? Innanzitutto, l'idea che mangiar sano equivalga a sacrificare il gusto e il piacere della buona tavola, e che quindi seguire uno stile alimentare salutare sia un obiettivo difficile da raggiungere, ma anche l'orientamento a una dietetica del sì/no che induce a classificare gli alimenti in "buoni" o "cattivi", ritenendo che siano i singoli nutrienti ad avere effetti diretti sulla salute (ad esempio uova = colesterolo).

Infine l'orientamento a una dietetica per slogan, che spinge a prediligere gli alimenti nelle loro alternative "senza" (senza grassi, senza zuccheri, ecc.) e "con" (con fibre, con l'aggiunta di vitamine), nel tentativo di assecondare l'ossessione del cibo sano.

Conseguenza diretta di queste false credenze è lo scollamento tra mangiar sano e credere di mangiar sano. Basti pensare - evidenzia Andid - alle varianti "senza olio di palma", ormai disponibili per numerosissimi prodotti da forno che, rispetto ai loro analoghi convenzionali, hanno un profilo nutrizionale praticamente sovrapponibile, con il risultato però che la dicitura "senza" può indurre chi li acquista ad un sovra-consumo, proprio in virtù del cosiddetto "alone salutare" che li circonda.

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