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Melegatti fallita, addio a un'azienda simbolo del pandoro

La sede della Melegatti

Il 'miracolo di Natale', con i forni riaccesi in extremis grazie all’intervento del fondo maltese Abalone, aveva illuso che la Melegatti potesse salvarsi. Ma fermata la produzione a gennaio 2018, e passati 4 mesi ad attendere una ripartenza, l’avventura dell’azienda che nel 1894 brevettò il pandoro sembra arrivata alla fine. Sfilatesi via via tutte le aziende e i fondi che volevano risollevarla, per il peso di un debito stimato in 50 milioni, la Melegatti è stata dichiarata fallita ieri dal Tribunale di Verona; fallimento anche per la controllata 'Nuova Marelli' di San Martino Buon Albergo (Verona).

Il Tribunale ha accolto l’istanza presentata venerdì dal pm Alberto Sergio, constatata la pesante situazione debitoria dell’azienda che, tra dipendenti diretti e stagionali, dà lavoro a 350 persone. Proprio oggi, con un’inserzione su un quotidiano, i lavoratori in Cig avevano lanciato un appello chiedendo di separare il giudizio sulle responsabilità degli amministratori dalla strada che potrebbero dare un futuro a Melegatti. L’8 maggio il fondo americano D.E. Shaw & C. aveva presentato un piano di salvataggio con la previsione di un investimento di 20 mln, finalizzato a rilanciare la società fondata nell’800 da Domenico Melegatti.

Negli ultimi due mesi la dirigenza di Melegatti, dallo scorso novembre sotto tutela di due commissari nominati dal Tribunale, non è riuscita però a produrre un piano sostenibile per la ristrutturazione del debito. E ora tempo non ce n'è più. E’ una lista infinita quella delle manifestazioni d’interesse arrivate dallo scorso inverno per Melegatti.

Dopo il fondo Abalone, che aveva messo 6 mln per finanziare la mini-campagna natalizia, che riportò nei negozi 1,5 milioni di pandori e panettoni, ci aveva provato la concorrente Dal Colle, entrando con un acquisto di quote nella società veicolo dello stesso Abalone, che alla fine si era sfilato. Quindi era stata la volta di Hausbrandt, impresa triestina del caffè con sede nel trevigiano; tentativo anch’esso naufragato di fronte alla situazione debitoria di Melegatti rivelatasi peggiore del previsto. Infine il fondo americano D.E. Shaw & Co. Adesso servirebbe un nuovo 'miracolo'.

Sul fallimento dell’azienda veronese è intervenuto il governatore veneto Luca Zaia, spiegando che la Regione «attende il commissario per un primo confronto, che dovrà servire a garantire gli obiettivi irrinunciabili: mantenere l’attività produttiva e quindi i mercati di riferimento, salvaguardare l'occupazione, mantenere in vita un marchio storico e una azienda simbolo del Veneto».

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