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Governo, Cottarelli al Quirinale. Si aggrava lo scontro istituzionale, sale lo spread

Tocca a Carlo Cottarelli. Dopo la rinuncia di Giuseppe Conte, l'ex commissario alla spending review è salito al Quirinale (a peidi e con trolley a seguito) dove è stato convocato dal presidente della Repubblica.

Lo spread dopo un'apertura al ribasso è tornato a salire e lo scontro politico e istituzionale resta altissimo dopo che Luigi Di Maio e anche Giorgia Meloni hanno minacciato la messa in stato di accusa del Capo dello Stato, con la Lega che sull'impeachment non segue M5s e Fdi, che hanno evocato la piazza. Pur parlando d'altro, Mattarella avverte intanto che "la minaccia di violenza" resta e osserva come l'antidoto non possa che essere il rafforzamento della "sensibilità democratica" e la fedeltà "ai principi che ispirano la nostra convivenza".

Ore difficili che fanno scendere in campo a sostegno del Colle diversi esponenti della società civile ma anche del Partito democratico: via tweet Dario Franceschini invoca la necessità di ritrovare l'unità smarrita e dice "verrà il tempo del confronto interno, ma ora ogni divisione tra noi sarebbe imperdonabile". E Carlo Calenda fa sapere di essere pronto a metterci la faccia e assicura di volersi candidare alle prossime elezioni.

Il voto infatti torna ad avvicinarsi e anche Alessandro Di Battista, tra i big pentastellati, mette per iscritto di non voler mollare: ha la valigia in mano ma non appena si aprirà la campagna elettorale - assicura - farà ritorno perché si "deve credere e lottare per le proprie idee".

Che dopo l'intesa sul contratto-programma e la squadra di governo, i gialloverdi possano siglare un patto anche elettorale è una domanda che resta senza una risposta netta: "Vedremo", dice Salvini che sembra però guardare ora in particolare agli alleati di centrodestra e soprattutto a Silvio Berlusconi: "Se vota il governo Cottarelli addio alleanza: la nota di ieri - osserva - era la stessa di Renzi". Forza Italia, che ieri con il Cavaliere ha definito l'impeachment "irresponsabile", chiosa per bocca del portavoce dei gruppi parlamentari azzurri Giorgio Mulè "non daremo i voti a un governo tecnico e nemmeno i Cinque Stelle, quindi un governo che nasce già minoritario".

 

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