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Governo, Salvini non cede su Savona: "La Lega ha già fatto passi indietro"

Matteo Salvini

Se ieri era «arrabbiatissimo» oggi, con il vero rischio di una «ulteriore frattura tra i palazzi del potere e gli italiani», lo è ancora di più. Matteo Salvini non intende retrocedere sul nome di Paolo Savona all’Economia e consegna la lista dei «suoi» ministri al presidente del Consiglio incaricato. «Passi indietro la Lega ne ha già fatti abbastanza, abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare» ma ora, avverte, "o si parte o non tratto più": «non è questione di nomi e cognomi ma di rispetto del voto degli italiani», spiega.

Il braccio di ferro tra Colle e M5s-Lega sul nodo del responsabile del Tesoro non accenna insomma a placarsi mentre il presidente del Consiglio incaricato prova a cercare la quadra per mettere insieme tutte le pedine necessarie alla formazione del governo da presentare - nel più breve tempo possibile, magari già domani o lunedì - alle valutazioni di Mattarella.

Chiuso negli uffici di Montecitorio, Giuseppe Conte sente al telefono il presidente francese, Emmanuel Macron (ottima 'sponda' incassata in chiave "credibilità"), fa il punto sui i possibili candidati da mettere in squadra, vede l’ambasciatore Luca Giansanti (per la Farnesina), mentre fuori dal palazzo si organizzano i fronti contrapposti.
Da una parte gli azionisti del governo nascente, sostenuti anche da Fdi, fermi sull'indicazione di Savona al Mef e sempre più critici nei confronti del Quirinale. Dall’altra i partiti all’opposizione che evocano una mobilitazione per difendere l'Italia, mentre la stampa tedesca si occupa in toni allarmati di Savona, l’uomo «che odia la Germania».

«Lo spread sale ai massimi dal 2013. Chi è il colpevole? Non c'è nessun complotto, non guardate Bruxelles, non è colpa dei mercati finanziari. Il responsabile ha sempre un nome, in questo caso due cognomi: Salvini e Di Maio» attacca l’ex segretario del Pd, Matteo Renzi che però viene 'frenato' dalle parole del Commissario Ue all’Economia, Pierre Moscovici che nega l'esistenza di «psicodrammi tra Roma e Bruxelles». Con le preoccupazioni di Renzi si schiera invece il ministro uscente dello sviluppo economico, Carlo Calenda sicuro che l’agenda Salvini-Di Maio sia ormai chiara: «mira a portare l’Italia fuori dall’Europa e dall’Occidente». Eventualità, questa, che impone la creazione «di un fronte civile di resistenza mobilitando il paese» senza «aver paura delle elezioni». E un invito alla protesta arriva anche dal costituzionalista e deputato Pd Stefano Ceccanti. «E' in gioco l’Italia e il futuro dell’Eurozona. E forse sarebbe meglio studiare le opportune iniziative di mobilitazione, proporzionate al pericolo» avverte.

Ma se di mobilitazione si vuol parlare, al momento c'è solo quella dei difensori di Savona e del governo giallo-verde. Il segretario del Carroccio è fermissimo. «Noi siamo pronti, tempo da perdere non ce n'è. Speriamo che nessuno abbia niente da eccepire su nessuno di questi nomi. Avere dei ministri che vanno in Italia, in Europa e nel mondo a difendere gli interessi degli italiani è un valore». Senza contare che «nessuno in Italia ha mai eccepito su un ministro tedesco o francese...». Dal fronte M5s ci pensa Alessandro Di Battista a mettere a disposizione la sua potenza di fuoco per sparare contro il Capo dello Stato: «è inaccettabile che pensi di porre veti politici a un ministro dell’Economia come Savona», dice, mentre promuove il segretario del Carroccio al quale, pur «criticato in passato», riconosce l'impegno «incredibile» di quest’ultima fase politica.

Ma verso il Colle i 5 stelle puntano tutta la loro artiglieria. «Nessuno in questi 80 giorni ha voluto forzare la mano, nessuno ha voluto fare di testa sua, ma c'è un limite a tutto» avverte il deputato Manlio di Stefano mentre altri parlamentari si esercitano su quelle che dovrebbero essere le prerogative del Colle nei confronti del premier incaricato. «La sovranità appartiene al Popolo. Lo dice la Costituzione. Nessuna ingerenza verrà tollerata» attacca la vicepresidente M5s della Camera, Maria Edera Spadoni. E mentre il guru di Rousseau, Davide Casaleggio, si dice «fiducioso» che si risolva la crisi sul nome di Savona, anche il presidente della Camera, Roberto Fico, esponente dell’ala ortodossa del Movimento promuove il contratto tra M5s e Lega ad «alleanza parlamentare». La nostra, ricorda, «è una Repubblica parlamentare e su dei punti programmatici il Parlamento fa nascere i Governi. Funziona così».

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