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Il robot che impara a vestire l'uomo

Grazie all'intelligenza artificiale riesce a prevedere le sensazioni percepite dalla persona, mentre con il tatto avverte le reazioni del braccio umano su cui dosare la propria forza delicato, attento e riflessivo: ecco il primo robot 'badante' che studia come aiutare gli esseri umani a vestirsi.

Ha appena cominciato l'addestramento negli Stati Uniti, presso i laboratori del Georgia Institute of Technology ad Atlanta, e come primo esercizio sta imparando a infilare la manica del camice da ospedale. Lo fa in 10 secondi eseguendo i movimenti 'alla cieca', cioè senza guardare: grazie all'intelligenza artificiale riesce a prevedere le sensazioni percepite dalla persona, mentre con il tatto avverte le reazioni del braccio umano su cui dosare la propria forza. Ancora pochi giorni e mostrerà le sue abilità in Australia, in occasione della Conferenza internazionale sulla Robotica e l'Automazione (Icra) in programma dal 21 al 25 maggio a Brisbane.


Fonte: Georgia Tech

"Più i robot riescono a capirci e più riescono ad aiutarci", spiega il ricercatore Charlie Kemp. "Prevedendo le conseguenze fisiche delle loro azioni, i robot possono fornirci un'assistenza più sicura, confortevole ed efficace". Questo è il principio su cui si basa l'addestramento del robot PR2, che in appena un giorno ha imparato a infilare la manica del camice sul braccio umano analizzando 11.000 azioni simulate al computer.

"Le persone imparano nuove abilità andando per tentativi: noi abbiamo dato al robot PR2 la stessa opportunità", sottolinea il coordinatore dello studio, Zackory Erickson. Dopo aver raggiunto l'obiettivo nelle simulazioni, il robot ha cominciato a testare la sua abilità vestendo le braccia dei ricercatori del laboratorio. "La chiave sta nel fatto che il robot pensa sempre avanti", aggiunge Kemp. "Si domanda 'se spingo la manica in questo modo, produrrà più o meno forza sul braccio della persona? Cosa accadrebbe se invece facessi in quest'altro modo?'". Vista la complessità del ragionamento, i ricercatori hanno deciso di non mettere fretta al robot, lasciandogli un quinto di secondo per valutare ogni sua mossa: tempi più stretti avrebbero aumentato il tasso di insuccesso.

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