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Stato-mafia, la sentenza infuoca la strada per il nuovo governo. Di Maio-Salvini: 48 ore per l'intesa

ROMA. Ieri è stato il giorno delle due trattative, per M5S e Lega. Quella tra Stato-mafia che la sentenza di Palermo certifica, fornendo una sponda a Luigi Di Maio per lanciare il suo aut aut a Matteo Salvini. E quella tra M5S e Lega che, dopo lo stop di ieri, torna a vedere faticosamente, la luce.  Con una deadline ben precisa: domenica notte, ovvero prima che il Colle possa conferire il mandato esplorativo al presidente della Camera Roberto Fico.

Per i due leader è forse l'ultima chiamata. Una chiamata che potrebbe avere come epilogo la bozza di un'intesa entro 48 ore. Con un piano B: prendere altro tempo e arrivare alle elezioni in Friuli Venezia Giulia, vero e proprio giro di boa dopo il quale la Lega, sull'onda della vittoria, potrebbe sciogliere gli ormeggi in direzione M5S.

Ma la sentenza di Palermo - che vede tra i protagonisti il pm Nino Di Matteo, uno dei "totem" per il Movimento - riaccende anche l'animo barricadero del M5S chiudendo la scomoda porta di un'interlocuzione con FI. Perché al di là delle formule, l'abbraccio con il "diavolo" Berlusconi a Di Maio non sarebbe stato perdonato da tutti, nei gruppi e nella base M5S. E allora ecco l'anti-berlusconismo di un tempo rifiorire d'un tratto.

Un anti-berlusconismo che torna a riavvicinare Di Battista a Di Maio, ortodossi e governisti. In realtà il filo diretto tra Di Maio e Salvini si riattiva prima che la Corte d'Assise di Palermo emetta la sentenza. Bisogna superare la delusione per un accordo che, giovedì, Di Maio aveva dato per fatto senza fare i conti con la visione di Berlusconi.

Ma nella notte qualcosa è cambiato e i toni, durissimi, tra Salvini e il leader FI tornano a riscaldare il forno giallo-verde. Un forno in cui il M5S crede, reputandolo adeguato - forse anche più di un esecutivo con il Pd - alla formula del governo di cambiamento.

In agenda, sottolineano dal M5S, non ci sono incontri tra i due leader anche se Di Maio e Salvini oggi saranno entrambi a Milano. Ma al di là del faccia a faccia, per le diplomazie di M5S e Lega saranno ore febbrili.

E' il tavolo tematico il punto da cui si vuole partire lasciando da parte, per ora, il tema divisivo della premiership. E se la trattativa decollerà, fonti parlamentari indicano già un possibile obiettivo: andare in Aula, con un contratto di governo M5S-Lega, a cercare voti. L'escamotage servirebbe a Salvini a lanciare nel campo di FI - il cui sostegno esterno ha già avuto l'ok del M5S - la palla dell'eventuale strappo.

Mentre dal M5S si guarda in queste ore anche a Fdi e ad una sua possibile convergenza. Resta da stabilire il team al governo. Di Maio, mai come in queste ore, conta sul presidente Sergio Mattarella e su un asse, atlantico e europeista, che il leader M5S ha accettato. E nel caso il pre-incarico vada a lui, alla Lega toccherebbero comunque ministeri pesanti. Si tratta, al momento, di ipotesi. Perché per Salvini non sarà facile "lasciare" Berlusconi ma l'ira del Cavaliere, in queste ore, testimonia che tra i due qualcosa si è rotto.

Più tiepido, invece il forno Pd. I contatti tra Di Maio e Maurizio Martina sono interrotti e i sospetti reciproci tra le correnti interne al Pd frenano qualsiasi passo avanti. Sospetti che, tuttavia, se Fico avesse il mandato esplorativo, potrebbero sfociare in plastiche divisioni tra chi, come minoranza e franceschiniani, vuole un dialogo con il M5S e chi, come i renziani - con cui i Cinque Stelle stanno cercando un canale - è pronto a sedersi al tavolo ma solo per fare emergere le divisioni interne al Movimento.

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