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Governo, il Pd conferma: no al dialogo con M5s, ma il partito è spaccato

Il segretario reggente del Pd, Maurizio Martina

ROMA. Resterà fuori dal governo, all'opposizione per incalzare la maggioranza su quattro temi (lavoro e lotta alla povertà, conti pubblici, immigrazione ed Europa). questo è quanto ha ribadito il Pd all'Assemblea dei gruppi parlamentari Dem al Nazareno in vista del secondo giro di Consultazioni al Quirinale.

In sostanza la delegazione del partito ribadirà la posizione già espressa la scorsa settimana al presidente Mattarella, ma che però crea una spaccatura tra le diverse anime del partito: tra l'impostazione maggioritaria, guidata dai renziani, e le componenti che fanno riferimento a Dario Franceschini e Michele Emiliano, che hanno insistito sulla necessità di un dialogo con M5s. Posizioni quasi contrapposte ma espresse in un clima per la prima volta privo di attacchi personali e delegittimazioni.

L'Assemblea si è aperta senza Matteo Renzi che, contravvenendo alla sua dichiarazione di voler fare il semplice senatore, ha fatto sapere di non voler intervenire "per non condizionare il dibattito". Un modo per ribadire la propria presa sul partito.

Il reggente Maurizio Martina ha aperto la riunione riferendo il colloquio avuto con il presidente Sergio Mattarella: "Il giudizio severo del 4 marzo - ha affermato - ci impone una riorganizzazione profonda, non siamo noi a poter esprimere una opzione di governo". Certamente, ha osservato, "non possiamo immaginare la strada proposta da Di Maio, la sua è una logica irricevibile: Pd e Lega non sono interscambiabili e denunciare questo non significa essere indifferenti a quello che accade".

Ha quindi preso la parola Dario Franceschini che ha prima esortato a riprendere il confronto interno senza delegittimazioni, per poi rilanciare la propria proposta: "Il governo Di Maio-Salvini sarebbe un incubo per l'Italia" quindi il Pd dovrebbe cercare di farlo saltare, rilanciando lui una iniziativa con i pentastellati sui propri quattro punti.

Insomma, si deve tentare di evitare che l'Italia "diventi come l'Ungheria anziché come la Francia", e si deve tentare di "trasformare" il movimento 5 stelle che ha in se "destra e sinistra, europeismo e antieuropeismo". Concetti ripresi da Francesco Boccia, vicino a Michele Emiliano: "Dobbiamo cercare di far saltare il patto tra M5s e Lega". Ragionamenti che Matteo Orfini, Andrea Marcucci e la renziana Anna Ascani hanno respinto: "Non possiamo che stare all'opposizione - ha detto Orfini - il 50% degli italiani ha votato i sovranisti. Noi li abbiamo contrastati nella legislatura scorsa, oggi hanno l'onere di tentare di governare l'Italia". E poi, secondo Orfini, l'intesa tra Di Maio e Salvini è già molto più avanti di quanto facciano credere.
Andrea Orlando ha sottolineato "l'ambiguità" di M5s.

"Invitare Di Maio a rompere con Salvini - ha aggiunto - è un modo per spingere i Cinque stelle in questa direzione, ma non vuol dire voler governare con loro". Insomma non ci deve essere timore di un incontro con Di Maio per incalzarlo. Ma anche il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio ha chiuso alla proposta di "Di Maio" che dice - è "una operazione trasformistica e di potere". L'assemblea si è chiusa senza un voto, con Martina che facendo una sintesi ha confermato il "niet" a M5s. Almeno fino all'incontro con Mattarella.

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