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Niente fondi, in Sicilia fecondazione assistita a carico delle famiglie

PALERMO. Finiti i soldi, la fecondazione assistita torna a totale carico delle famiglie. I costi sono triplicati. Ogni anno almeno 5 mila coppie siciliane fanno ricorso a tecniche di fecondazione assistita. Ma molte scelgono di andare in altre regioni, dove il costo è coperto dalla sanità pubblica. In Lombardia si versa solo un ticket da 40 euro, in Toscana non si va oltre i 500.

Ciò ha comunque un costo per la Regione, che rimborsa alle altre Regioni i costi sostenuti per assistere i siciliani. Tutto ciò si era arrestato nel 2017, quando l'assessorato aveva messo sul tappeto circa 3 milioni che avevano permesso di finanziare una parte dei costi: la spesa a carico delle famiglie si era abbassata a mille euro mentre ora è tornata fra i 3 mila e i 5 mila.

I soldi sono finiti a gennaio e in attesa dell'approvazione del bilancio tutto il sistema pubblico si è fermato. Nessuna delle coppie già in graduatoria viene chiamata da tre mesi, intanto altre coppie si stanno iscrivendo nei registri pubblici facendo crescere di nuovo le liste di attesa. Si stima che ogni centro abbia un centinaio di coppie in attesa di tentare la via della fecondazione assistita con finanziamenti pubblici mentre chi ha la possibilità di pagare autonomamente non ha subito disagi.

Il dato è emerso nel corso del primo congresso siciliano della Siru, la Società italiana di riproduzione umana, che ha eletto segretario il palermitano Giuseppe Valenti. L'assessore alla Sanità, Ruggero Razza, annuncia che «la Regione metterà in bilancio nuovi fondi per la fecondazione assistita. È un settore molto importante. Stiamo definendo il budget».

La mossa di Razza permetterebbe di aggirare anche un altro rischio: la fecondazione assistita dovrebbe entrare a livello nazionale fra i Lea, le prestazioni essenziali della sanità pubblica e a quel punto ci sarebbe una copertura pubblica uguale in tutto il territorio. Nell'attesa ogni Regione deve fare da sé.

«La volontà dell'assessore di dare continuità terapeutica alle coppie che sono in lista di attesa con un contributo, fino a che i Lea diventino operativi, è segno di attenzione ai grandi temi sociali – ha commentato Valenti -. La medicina della riproduzione rappresenta una piccolissima parte della sanità ma ha riscontri sociali altissimi, soprattutto in Sicilia dove il tren delle nascite è il più basso tra le regioni italiane».

Valenti aggiunge anche un altro dato, riferito a donne tra i 19 e i 42 anni: «Negli anni Sessanta solo l'11 per cento delle donne era senza figli, oggi lo sono addirittura il 50 per cento. Società scientifiche, assessorati e ministero devono iniziare un lavoro di informazione sia sulla prevenzione della sterilità sia sul fatto che bisogna, quando possibile, programmare figli in età giovane. Ancora oggi ci sono donne che rimangono sorprese se a 40 anni hanno una possibilità di una gravidanza bassissima».

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