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Inchiesta di Termini: 20 gli indagati, coinvolti i vertici della Lega in Sicilia Attaguile e Pagano

Nella foto Angelo Attaguile e Alessandro Pagano

PALERMO. Assunzioni e rinnovi di contratti a termine per il lavoro in un supermercato, “interessamento” per l’iscrizione alla facoltà rumena di medicina di Enna o a un corso per operatori socio-sanitari, trasferimenti in un’altra filiale della banca per un dipendente, vantaggi nelle prove di ammissione alla facoltà di Scienze infermieristiche, posti di lavoro come educatrice o commessa, trasferimenti in un’altra sede dell’Asp.

Sarebbero queste alcune delle promesse fatte da Salvino Caputo per fare eleggere prima Francesco Giunta (attuale sindaco di Termini Imerese) e poi il fratello Mario, vista la sua incandidabilità per la legge Severino. Nel procedimento che oggi ha portato ai domiciliari Salvino e Mario Caputo, sono indagate altre 18 persone, tra cui Benito Vercio e Stefano Vinci che avrebbero agevolato il procacciamento di voti “con notizie false, artifici, raggiri e comunque con altri mezzi illeciti a diminuire la libertà degli elettori”.

Tra gli altri indagati, ci sono le persone che avrebbero accettato lo “scambio” elettorale. In  un altro procedimento, con il ruolo di istigatori, figurano i nomi del segretario di Noi con Salvini in Sicilia, Angelo Attaguile, e del neo deputato eletto nell'Isola, Alessandro Pagano, che è anche coordinatore del Carroccio per la Sicilia occidentale.

Secondo la procura di Termini Imerese, Salvino Caputo voleva candidarsi alle elezioni regionali scorse (“..Mi sono fatto le elezioni…ho preso i miei consiglieri comunali…mi sto programmando la candidatura…sì sì le regionali io in Noi con Salvini… a seconda di come sono… io ce la faccio ad essere eletto”, dice a un altro politico al telefono). Quindi, essendo stato condannato per abuso d’ufficio, aveva presentato istanza di riabilitazione ma era stata rigettata. Parlando al telefono con Pagano,  Caputo però mente dicendo che il provvedimento di riabilitazione era stato rinviato e quindi non poteva candidarsi. Da qui l’idea di Pagano di far candidare il figlio di Caputo per non perdere “sei-settemila voti” che non si potevano buttare al “macero”. Poi Caputo pensa al fratello Mario e viene inserito anche l’appellativo “detto Salvino” così – secondo la Procura – gli elettori non avrebbero capito che non si trattava di Salvino. Nei manifesti e nei volantini non viene inserita la fotografia, ma solo il simbolo del partito e il cognome. Dopo la presentazione della candidatura, Salvino Caputo si sarebbe attivato per incassare preferenze, ma – per gli inquirenti – lo avrebbe fatto promettendo vantaggi e posti di lavoro a chi votava il fratello.

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