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Carattere ribelle e una vita in panchina: il calcio dà l'addio a Mondonico

Emiliano Mondonico

“Ci sono trenta possibilità su cento che la bestia ritorni”. Queste le parole di Emiliano Mondonico, rilasciate ad un programma Rai qualche mese fa, il dramma per un tumore che lo stava devastando piano piano e che oggi ha raggiunto tristemente il suo scopo.

A 71 anni, compiuti qualche giorno fa, si è spento, dopo mesi e mesi di battaglie e di coraggio, quello che aveva sempre mostrato nella sua vita da sportivo. “Il calcio mi aiuta a continuare la sfida”, aveva dichiarato, dopo quattro interventi che gli avevano portato via una massa tumorale di sei chili, un rene e un pezzo di intestino.

Nonostante tutto andava in tv, per Sabato Sprint, alla Domenica Sportiva, a parlare del suo amato pallone, quello che gli aveva visto vestire le maglie prestigiose di Cremonese, Torino e Atalanta. Un giovane ribelle che si era fatto strada da giocatore anche grazie alle sue doti caratteriali e alla grande personalità.

La stessa che gli consentì di essere un allenatore “importante” e stimato, soprattutto quando sedette sulla panchina del Toro e della sua amata Atalanta, di cui era tifoso nonostante fosse originario di Rivolta D’Adda, in provincia di Cremona.

Allenò anche il Napoli nel 2001, ma fu sollevato dall’incarico per ben due volte e la Fiorentina che riportò in A nel 2004, facendosi esonerare poi nella massima serie dopo cinque giornate in seguito ad una lite con i dirigenti viola.

Emiliano Mondonico era una persona vera, generosa, mai banale, una personalità ribelle che mancherà maledettamente al mondo del calcio.

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