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Nel grafene un nuovo stato della materia

Un nuovo stato della materia si nasconde nella struttura più intima del mondo governato da atomi e particelle. Previsto mezzo secolo fa, è stato scoperto nei nanotubi di carbonio, cilindri lunghi come il diametro di un capello formati arrotolando il grafene, il materiale delle meraviglie possibile erede di silicio e plastica. La scoperta, pubblicata sulla rivista Nature Communications dall’Istituto di Nanoscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr Nano) di Modena, apre la strada alla possibile realizzazione di una nuova generazione di materiali isolanti e conduttori.

“Questo nuovo stato della materia - ha spiegato all’ANSA Daniele Varsano, uno degli autor della ricercai - è uno speciale tipo di isolante. Lo stesso materiale - ha aggiunto un altro auore della ricerca, Massimo Rontani - ha infatti il vantaggio di essere un isolante o un conduttore, a seconda delle condizioni in cui si trova”. Nel nuovo stato della materia gli elettroni dei nanotubi si comportano in modo insolito. Per Varsano, “ognuno di loro, anziché muoversi indipendentemente, si lega a una sorta di ‘buca’ che lascia dietro di sé formando una nuova particella composita.

In un nanotubo di carbonio si forma un nuovo stato della materia in cui un elettrone (in rosso), è legato a una sorta di ‘buca’ (in blu) che si lascia dietro, formando un nuovo tipo di particella (fonte: Cnr Nano)

 

Per arrivare a queste conclusioni - ha aggiunto - abbiamo usato simulazioni al computer, grazie alle quali è ora possibile predire proprietà della materia ritenute fino a pochi anni fa irrealizzabili e relegate ai soli libri di testo”. È una nuova frontiera negli studi sul grafene.

Scoperto nel 2004 e premiato nel 2010 con il Nobel per la Fisica, il grafene è il materiale più versatile e sottile al mondo, perché composto da un foglio di carbonio dello spessore di un solo atomo. Tante le sue proprietà: resistenza meccanica e al calore, conducibilità elettrica e flessibilità. Numerose le possibili applicazioni: nelle celle solari, nei dispositivi elettronici o nei sensori per l’ambiente e biomedici. Per Rontani, “il nostro è ancora uno studio teorico, ma potrebbe avere in futuro applicazioni in nanoelettronica”.

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