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Il Centrodestra cede la Camera al M5s, Forza Italia si prende il Senato ma c'è il nodo Romani

Paolo Romani

ROMA. L'accordo tra il centrodestra e il M5s per le presidenze delle Camere sembra essere ormai fatto. Al M5s andrà la Camera, a Forza Italia, invece, il Senato. Lo schema della partita istituzionale per la presidenza delle Camere viene definito in un vertice del centrodestra a Palazzo Grazioli. Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni si ricompattano dopo le tensioni degli ultimi giorni, riprendono l’iniziativa e siglano una nota congiunta in cui chiedono agli altri partiti un incontro per una soluzione che coinvolga tutti, dando «un vicepresidente a ogni gruppo parlamentare».

Ma sui nomi è ancora braccio di ferro. Perché sul candidato del Cavaliere per il Senato, Paolo Romani, pesa il no dei Cinque stelle ("E' condannato, non lo votiamo") e anche Salvini frena. Mentre nel M5s è ancora 'ballottaggiò tra Roberto Fico, che sarebbe favorito, e Riccardo Fraccaro.

Berlusconi vede gli alleati all’ora di pranzo, subito dopo aver riunito i vertici di Fi. La partita della presidenza delle Camere è un preludio importante per i giochi sul governo. Per l'esecutivo «si parte dalla coalizione di centrodestra», dice in serata Salvini, a margine di una riunione dei senatori della Lega. «Non c'è niente di impossibile», aggiunge con riferimento a un governo con il M5s, cui ha aperto anche Berlusconi. Ma dopo giorni assai tesi fonti azzurre spiegano che il Cavaliere è soddisfatto: è passato il principio, condiviso da Meloni, che - restando Salvini il candidato premier della coalizione - la presidenza di Palazzo Madama vada a un esponente di Fi.

Ma qui iniziano i problemi. Perché il M5s ribadisce, con la capogruppo Giulia Grillo, il no «a persone indagate o sotto processo». Il veto chiuderebbe la strada a Romani, per una condanna per peculato su cui si deve pronunciare la Cassazione. Anche se nel «non voteremo» del M5s c'è chi vede uno spiraglio: un non voto dei 112 senatori grillini aprirebbe la via all’elezione di Romani da parte del solo centrodestra. E' Salvini, che annuncia una nuova telefonata a Luigi Di Maio a Maurizio Martina e Pietro Grasso, a frenare sul nome dell’alleato: «Devono esserci nomi e cognomi condivisi da tutti», dichiara. E così, se resta Romani il candidato azzurro, crescono le chance di due senatrici: Anna Maria Bernini e, meno probabile, Elisabetta Alberti Casellati.

In casa M5s, intanto, potrebbe essere un’assemblea dei parlamentari convocata per domani all’ora di pranzo a indicare il nome del candidato alla presidenza della Camera. In quella che sembra una partita a due: Roberto Fico, esponente dell’area "ortodossa», e Riccardo Fraccaro, vicino a Di Maio. Alla Camera il M5s non ha da solo i numeri per eleggere il presidente, quindi ha bisogno dei voti degli altri partiti (centrodestra e/o Pd). E la scelta sembra andare verso Fico, che ha un profilo più di sinistra e nelle speranze grilline - che per ora cozzano contro un deciso «no» dei Dem - potrebbe essere la leva per aprire un canale di dialogo con il Pd per il futuro governo.

Giovedì mattina, alla vigilia dell’inizio delle votazioni, il centrodestra vorrebbe un vertice con tutti i capigruppo - o i leader politici - degli altri partiti: una vicepresidenza a ogni gruppo è l’offerta sul tavolo, per un accordo complessivo sui nomi. Ma in serata, dopo che il coordinatore Lorenzo Guerini ha incontrato i rappresentanti di Fi e LeU, il reggente del Pd Maurizio Martina mette a verbale l’insoddisfazione dei Dem: «Non ci sono le condizioni perché il Pd partecipi a un incontro i cui esiti sono già decisi». I «big» del Pd, assenti i renziani, si riuniscono in serata per definire la linea. E anche LeU si prepara alle votazioni. Ma Laura Boldrini, presidente uscente della Camera, denuncia una «spartizione di poltrone da prima Repubblica» in atto da parte di Salvini e Di Maio.

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