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Un lavoratore su 8 è a rischio povertà, dati peggiori tra precari e part-time

ROMA. In Italia quasi un occupato su otto è a rischio povertà: il lavoro, infatti, secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Eurostat sui lavoratori poveri, spesso non basta a garantirti condizioni economiche adeguate, soprattutto se legato a un contratto precario o part time.

Nel nostro Paese nel 2016 i lavoratori a rischio povertà erano l'11,7%, un dato tra i più alti in Ue (fanno peggio solo Romania, Grecia, Spagna e Lussemburgo) che in media segna un 9,6%. Il rischio - spiega Eurostat - è influenzato fortemente dal tipo di contratto con un dato complessivo doppio per coloro che lavorano part time (15,8%) rispetto a quelli che lavorano a tempo pieno (7,8%) e almeno tre volte più alto nel complesso tra coloro che hanno un impiego temporaneo (16,2%) rispetto a quelli con un contratto a tempo indeterminato (5,8%). Gli uomini sono più a rischio povertà (10%) rispetto alle donne (9,1%). Negli ultimi anni il rischio povertà per le persone che lavorano è cresciuto costantemente. Per l'Italia dal 2010 è aumentato di 2,2 punti percentuali.

In Italia per chi lavora part time il rischio di povertà è del 19,9% (uno su cinque) in crescita di quasi cinque punti e mezzo rispetto al 2010, a fronte del 10% per chi lavora con un contratto a tempo pieno (in Ue la differenza è tra 7,8% e 15,8%). Se si guarda invece al tipo di contratto di lavoro, in Italia i lavoratori dipendenti con un contratto a tempo indeterminato a rischio povertà sono il 7,5% (a fronte del 5,8% in Ue), in aumento dal 6,7% del 2010. Nel caso di lavoratori con contratto temporaneo il rischio di povertà è del 20,5% a fronte del 16,2% in Ue con una crescita di oltre un punto dal 2010 ma di oltre cinque punti dal 2008.

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