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Sgarbi ora frena sulle dimissioni: "Non sono all'ordine del giorno, non vogliono rispettare i patti"

Vittorio Sgarbi

PALERMO. «Nelle attuali condizioni non sono all’ordine del giorno le mie dimissioni, tema di grande interesse per le cronache, sollecitato dalla dichiarazione dell’assessore Toto Cordaro (rappresentante della giunta all’Ars) il quale ha indicato una scadenza al 27 marzo che non corrisponde né alla costituzione del nuovo governo né alla convalida della mia nomina a parlamentare». Lo dice Vittorio Sgarbi, assessore regionale dei Beni culturali.

«Per rispetto delle funzioni e dell’incarico - sottolinea - ricordo di aver dichiarato che mi sarei dimesso da assessore soltanto se nominato ministro», ipotesi che Sgarbi ritiene "largamente improbabile». «Prendo atto che, diversamente dagli accordi definiti prima delle elezioni regionali, il presidente e la giunta ritengono che io debba rinunciare all’assessorato in quanto nominato deputato, e che quindi, al di là dei risultati, risulto sgradito. Per questo sono costretto ad accettare una decisione che non è la mia, e che in ogni caso risponde a una procedura diversa da quella indicata dell’assessore Cordaro; procedura che ben conosce il deputato Raffaele Stancanelli, già senatore e sindaco di Catania, oltre che vicino a Musumeci».  «Gli uffici della Camera - spiega Sgarbi - mi comunicano che la proclamazione del 23 marzo non coincide con la convalida a deputato, la quale è sancita dalla giunta delle elezioni, ancora non costituita».

«Mi dispiace - aggiunge - non essere gradito, nonostante io abbia fatto molto più di quello che mi viene riconosciuto, a partire dalla mostra su Boldini che ho disertato oggi, sapendo che non sarebbe stato oggetto della conferenza stampa. Aggiungo, per il presidente Nello Musumeci, che tra le iniziative in corso vi è quella con lo sponsor privato che s'impegna per la ricostruzione del Tempio G di Selinunte per un costo di 39 milioni di euro, senza alcun contributo regionale. È questa la ragione per cui intendo arrivare alla conclusione naturale del mandato. Se i patti fossero rispettati, direi che la mia volontà è quella di restare assessore in Sicilia».

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