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Trump pronto a firmare il piano sui dazi, l'ira della Cina: "Se così, daremo risposta necessaria"

PECHINO. Donald Trump è pronto a firmare il piano sui dazi. Liberatosi dell'ultimo vero ostacolo, la presenza alla Casa Bianca di Gary Cohn, secondo le indiscrezioni il presidente americano si appresta a varare la stretta sulle importazioni di acciaio e alluminio nelle prossime ore. Ma l'addio dell'ex banchiere di Goldman Sachs che il tycoon aveva scelto come suo consigliere economico spaventa Wall Street, che proprio in Cohn confidava per scongiurare i rischi di una guerra commerciale a tutto campo, dall'Europa alla Cina. E che potrebbe costare cara all'America in termini di crescita e di occupazione. Senza contare le ripercussioni sulla crescita globale.

Una scelta, quella di Trump, che ha suscitato già le prime ire da parte delle altre potenze mondiali. Una fra tutte la Cina. "Una guerra commerciale non è mai la giusta soluzione colpendo sia il promotore sia il bersaglio in un mondo globalizzato", ha affermato il ministro degli Esteri Wang Yi. Nel caso maturi, annuncia: "La Cina darà una giustificata e necessaria risposta".

"Noi speriamo che la Cina e gli Stati Uniti abbiano un dialogo calmo e costruttivo su basi paritarie e trovino una soluzione 'win-win'". Malgrado elementi di competizione, i legami tra Cina e Usa "sono definiti più di partnership che di rivalità", conclude Wang Yi.

L'offensiva sui dazi è però fortemente voluta da Trump per mantener fede a una delle principali promesse elettorali, anche di fronte all'ultimo dato sul deficit commerciale che a gennaio si è attestato ai massimi dal 2008. "Bisogna agire subito", va ripetendo in queste ore il tycoon. E pazienza se l'affondo va ben oltre l'aspetto macroeconomico.

I pericoli infatti sono anche di natura politica e diplomatica, come hanno ammonito nelle ultime ore il segretario di Stato Rex Tillerson e il numero uno del Pentagono James Mattis che - ponendosi di nuovo di traverso rispetto alla linea del presidente - hanno esplicitamente parlato di "alleanze a rischio", con un potenziale impatto negativo anche su aspetti legati alla sicurezza nazionale. In effetti l'Unione europea, guidata dall'asse Merkel-Macron, è pronta a rispondere provocazione su provocazione, e a varare a sua volta un piano anti-Trump che contrasti a tutto campo la deriva protezionistica degli Usa: non solo l'imposizione di dazi e tariffe, ma anche il taglio delle tasse che per Bruxelles e le capitali europee favorisce in maniera ingiusta e inaccettabile le imprese a stelle e strisce.

Il quadro insomma si fa sempre più cupo sulla scena internazionale, con gli Usa destinati a rimanere sempre più isolati. Quanto caotico è tornato il clima all'interno della Casa Bianca, dove oramai gli ultimi sopravvissuti della prima ora nell'inner circle di Trump sono la figlia Ivanka e il genero Jared Kushner, anche loro fortemente in bilico.

C'è un nuovo fronte che avanza e che sta guadagnando sempre più potere. Quello che preoccupa di più i mercati dopo l'uscita annunciata di Gary Cohn e che è stata messa a tacere la voce più importante a favore del libero commercio, ma anche quella più autorevole e competente alla Casa Bianca in materia economica. Ecco quindi che gli investitori intravedono il rischio di una West Wing completamente in mano ai 'falchi', dal segretario al commercio Wilbur Ross al consigliere per le politiche commerciali Peter Navarro, a cui Trump starebbe pensando per rimpiazzare proprio Cohn.

Il presidente americano però non sembra curarsi delle tante preoccupazioni, e continua ad aprire nuovi fronti. Come quello che riguarda gli investimenti della Cina, su cui Washington si prepara a un giro di vite senza precedenti, allargando anche lo spettro dei dazi contro Pechino.

L'obiettivo è soprattutto quello di punire il Paese guidato da Xi Jinping, accusato di furto sul fronte dei diritti di proprietà intellettuale. Una rappresaglia che il tycoon non nasconde intervenendo su Twitter: "Non possiamo più permetterci questa situazione. Abbiamo chiesto alla Cina di mettere a punto un piano per ridurre di un miliardo di dollari il deficit commerciale con gli Usa. E dobbiamo agire subito!".
Tutti messaggi che si spiegano anche con due appuntamenti sullo sfondo: le elezioni di metà mandato, in cui Trump auspica di mantenere e se possibile rafforzare la maggioranza a suo favore in Congresso, e l'inizio della campagna elettorale per le presidenziali del 2020.

 

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