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Rivendicazioni e possibili intese, al via i giochi per le presidenze delle Camere

ROMA. Il meccanismo di elezione del presidente del Senato, con il ballottaggio già il secondo giorno, potrebbe accelerare i tempi di ricerca di una intesa per formare una maggioranza o, all’opposto, diventare un ostacolo alla tessitura di accordi complessi. In vista della prima seduta della legislatura, il 23 marzo, nei partiti si fanno già i primi ragionamenti alla luce dei seggi di cui i gruppi dispongono.

In questa legislatura, come fu nel 2008, il numero dei gruppi sarà ridotto: M5s, Pd, Lega, Fi, Fdi, Leu e Svp sia alla Camera che al Senato, con gli ultimi due senza il numero minimo per formare un gruppo autonomo (20 alla Camera e 10 al Senato).

In attesa degli eletti all’estero (12 a Montecitorio e 6 a Palazzo Madama) è dai numeri reali che si parte alla ricerca di una maggioranza di governo. Il centrodestra ha il maggior numero di deputati (260) e senatori (135); si presenterà unito alle consultazioni chiedendo l’incarico per Matteo Salvini.

Tra gli «azzurri» si spera in un «soccorso rosso» dal Pd (110 deputati e 55 senatori) o da una sua parte; mentre dalla Lega (con Claudio Borghi) si immagina invece un’intesa di tutta la coalizione con M5s. Scenario inverosimile il primo, complicato il secondo.

Il M5s, infatti, rivendica di essere il primo partito nelle due Assemblee (221 deputati e 112 senatori) e pretende di essere centrale, a partire dall’incarico che dovrà dare Mattarella. Se ne deduce che non appoggerebbero mai un governo guidato da altri. I pentastellati vogliono Palazzo Chigi, e per arrivarci inseguono i Dem o in alternativa il centrodestra o una sua parte (la Lega, magari con i nordisti di Fi).

Prima delle consultazioni vi saranno le elezioni delle due presidenze delle Camere che centrodestra e M5s porrebbero usare per «tentare» i possibili partner. Per esempio il M5s porrebbe proporre per il Senato o un candidato del Pd (come Luigi Zanda) o un esponente del centrosinistra (come Emma Bonino) come "presidenza di garanzia".

Al Senato, diversamente dalla Camera dove si prosegue a oltranza, al quarto scrutinio c'è il ballottaggio tra i due più votati. Se centrodestra, M5s e Pd proporranno ciascuno il proprio candidato (per il centrodestra si fanno i nomi di Roberto Calderoli, Paolo Romani o Annamaria Bernini, per i cinque stelle potrebbero essere Paola Taverna o Nicola Morra, nel Pd ancora non se ne parla) salvo sorprese verrebbe eletto l'esponente del centrodestra, schieramento che ha più voti degli altri. Invece un candidato di garanzia offerto dal M5s al centrosinistra, per passare richiederebbe il voto del Pd.

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