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Rigenerare l'osso, così si prepara bocca prima di un impianto

 Tecniche di rigenerazione ossea ad hoc consentono di preparare la bocca a ricevere un impianto destinato a durare a lungo e in salute, specie dopo grossi traumi o grave parodontite che potrebbero pregiudicare la vita dell'impianto stesso.
    Lo spiega all'ANSA Mario Roccuzzo dell'Università di Torino, che ha di recente pubblicato uno studio, quasi unico nel suo genere per la durata del follow-up dei pazienti (10 anni).
    Pubblicata sulla rivista Clinical Oral Implants Research, la ricerca evidenzia i risultati positivi a 10 anni dall'inserimento di impianti preceduto da una metodica di rigenerazione ossea 'verticale', ossia di crescita ossea in altezza, per dare una base più stabile all'impianto stesso.
    Lo studio, sottolinea Roccuzzo, socio attivo della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdPI), conferma un altro aspetto fondamentale per la vita e la salute di un impianto: bisogna prestare la massima attenzione al trattamento della parodontite, trattamento che deve sempre precedere sia la ricostruzione dell'osso, sia il posizionamento dell'impianto, per ridurre il rischio che questo si ammali e debba pertanto essere rimosso. Lo studio capitanato da Roccuzzo ha coinvolto 34 pazienti cui era stato ricostruito l'osso di supporto prima di inserire l'impianto. La ricostruzione avviene prelevando tessuto osseo da altre sezioni del cavo orale e "innestandolo" nella zona di intervento dove vi è stata (o per traumi, o per malattie tumorali o per grave parodontite) perdita di osso e dei denti.
    L'innesto, racconta l'esperto, si esegue con l'ausilio di una specie di impalcatura in titanio che viene rimossa dopo 5-6 mesi. A quel punto l'osso è pronto per ricevere l'impianto, che potrà avvalersi, così, di una solida base di appoggio.
    I 34 pazienti coinvolti nella ricerca sono stati seguiti per ben 10 anni dopo la ricostruzione ossea e l'inserimento degli impianti. I risultati a lungo termine sono stati molto incoraggianti: a distanza di anni gli impianti mostravano un tasso di sopravvivenza del 94,1%.
    Gli impianti sono fatti per durare per la vita, spiega Roccuzzo, ma affinché questo avvenga è necessario che i pazienti siano inseriti in una rigorosa terapia di mantenimento che prevede controllo attento dell'igiene orale, motivazione alla corretta rimozione della placca e strumentazione dei siti con infiammazione (ovvero detersione profonda mediante strumenti dedicati in uso dal dentista).
    L'altro punto interessante emerso dalla ricerca, spiega l'esperto, è dato dai pazienti la cui atrofia ossea era stata causata dalla parodontite: in questi casi i risultati nel tempo in termini di stabilità ossea sono stati leggermente inferiori.
    Quindi, ribadisce Roccuzzo, solo se si cura la parodontite preventivamente alla ricostruzione ossea e all'impianto, la salute a lungo termine di quest'ultimo può essere garantita.
   

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