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Prodi "investe" Gentiloni: "Con lui il Paese è più forte"

Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni (S) e l'ex premier, Romano Prodi

ROMA. Per il centrosinistra, con Paolo Gentiloni. È di Romano Prodi l’endorsement più 'pesante' a quindici giorni dalle elezioni. Il padre dell’Ulivo e del Pd, che ha portato la sua «tenda» fuori dal campo Dem, torna alla campagna elettorale. Con una dichiarazione di voto a Insieme, forse vitale alla lista ulivista-socialista-verde per arrivare alla soglia di sopravvivenza dell’1%. E parole per il premier in carica che sono più di un attestato di stima: con lui l’Italia può essere «sana, forte, rigorosa».

Gentiloni è così sempre più in primo piano nel finale di campagna del Pd: lo stesso Matteo Renzi si ritrae con lui nella foto di copertina che pubblica su Facebook per dire che «il clima sta cambiando» ed è possibile risalire la corrente negativa dei sondaggi. Dal Nazareno però escludono ("Non esiste") che Renzi possa dire ufficialmente, prima del voto, che è Gentiloni il candidato premier Pd: ora gioco di squadra per essere primi - è la linea - poi si vedrà.

«La serietà al governo», è lo slogan ulivista dell’iniziativa di Bologna che suggella l’abbraccio tra Gentiloni e Prodi. «Uniti per unire», dice il premier citando l’Ulivo. E’ quello, sottolinea, il «tessuto» del centrosinistra. E con il Professore prende l’impegno a perpetuare, a dispetto di scissioni e di una coalizione più 'ristrettà, «quell'impegno anche dopo venti anni": «Noi, caro Romano, abbiamo fatto la scelta di un centrosinistra di governo. Questo siamo», assicura. E il Prof, che bacchetta il Pd sulla necessità di «cambiare la legge elettorale a inizio legislatura», ribadisce che gli «amici» di LeU rischiano di danneggiare il centrosinistra.
Andrea Orlando loda Gentiloni per aver riportato (quasi) a casa il Prof: «È una risorsa, ha ricostruito un rapporto amichevole con la società». Ma anche Renzi, che non è a Bologna, incassa: «È comprensibile che Prodi voti centrosinistra, perché il voto a LeU aiuta Salvini e la destra». Questo, ragionano in casa renziana, non è il momento di contendersi leadership o premiership ma di mettere in campo tutte le energie per avvicinare l’obiettivo del Pd al 25%. Perciò benissimo l’impegno in prima fila di Gentiloni e di tutti i ministri: la squadra Pd è in campo con un attacco a più punte.

Oggi Renzi sarà in tv con Marco Minniti, a smentire le tensioni dopo le dichiarazioni del ministro sul governo di unità nazionale. «Quello che ho imparato, anche da miei errori, è che non basta una sola persona a trainare il carro», dice il segretario da Napoli. Il 5 marzo, aggiungono i suoi, si aprirà poi una nuova partita. Ed è chiaro, osservano, che in tanti puntano su Gentiloni, ma si dovrà passare da gruppi parlamentari a trazione renziana.

Da Leu anche Pietro Grasso, che dice no alle larghe intese Renzi-Gentiloni, apre all’ipotesi di una larga coalizione sul modello tedesco: «Vedremo se avremo la possibilità concreta di portare avanti i nostri temi come lavoro e diritti». Ma ora, ribadisce Gentiloni, è il momento di far fare a Pd e alleati un risultato che gli dia la «forza» di andare al governo, senza «i populisti», per una nuova stagione di riforme e «impedire che "gli italiani vengano ricacciati nella crisi da cui si sono tirati fuori».

Il distacco di 6-7 punti dal centrodestra è «colmabile», assicura il premier, che accanto al «maestro» Prodi parla ad ambientalisti e moderati, parla di europeismo e diritti, loda Confindustria. «Il clima sta cambiando, c'è tanta voglia di serietà in questo Paese. È proprio per questo che il Pd sarà il primo gruppo parlamentare, il primo partito», anzi, primo gruppo «lo è già», assicura Renzi. E attacca i Cinque stelle: «Siamo noi l’unico argine all’estremismo».

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