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L'invito del Papa ai sacerdoti: "Fate omelie brevi, non più di 10 minuti"

CITTÀ DEL VATICANO. «L'omelia deve essere ben preparata, deve essere breve». È l’invito fatto oggi dal Papa durante l’udienza generale nell’Aula Paolo VI, in cui, continuando la catechesi sulla messa, ha incentrato la sua meditazione sul Vangelo e l’omelia.

«Mi diceva un sacerdote - ha raccontato 'a braccio' - che una volta che era andato in un’altra città dove abitavano i genitori, il papà gli aveva detto: 'Tu sai, io sono contento perché con i miei amici abbiamo trovato una chiesa dove si fa una messa senza omelia'».

«Quante volte vediamo - ha proseguito il Pontefice - che durante l’omelia c'è chi si addormenta, altri chiacchierano, o si esce fuori a fumare una sigaretta. Ecco, tutti lo sapete!».

«Quindi sia breve l’omelia, sia ben preparata - ha ribadito - E come si prepara? Con la preghiera, con lo studio della parola di Dio, e fare una sintesi chiara. E breve. Non deve andare oltre i 10 minuti, no». Per il Papa, inoltre, «la buona notizia, la parola di Dio entra dalle orecchie, arriva al cuore e poi alle mani per fare le opere buone».

Nella messa, ha spiegato Francesco, «non leggiamo il Vangelo per sapere come sono andate le cose, ma per prendere coscienza che ciò che Gesù ha fatto e detto una volta, Egli continua a compierlo e a dirlo adesso anche per noi». E per far giungere il suo messaggio, «Cristo si serve anche della parola del sacerdote che, dopo il Vangelo, tiene l’omelia».

«Raccomandata vivamente dal Concilio Vaticano II come parte della stessa liturgia - ha osservato il Pontefice - l’omelia non è un discorso di circostanza, né una conferenza o una lezione, ma 'un riprendere quel dialogo che è già aperto tra il Signore e il suo popolo', affinché trovi compimento nella vita. L’esegesi autentica del Vangelo è la nostra vita santa! La parola del Signore termina la sua corsa facendosi carne in noi, traducendosi in opere, come è avvenuto in Maria e nei Santi».

«Ho già trattato l’argomento dell’omelia nell’Esortazione Evangelii gaudium - ha quindi rammentato -, dove ricordavo che il contesto liturgico 'esige che la predicazione orienti l'assemblea, e anche il predicatore, verso una comunione con Cristo nell’Eucaristia che trasformi la vita'». Secondo il Papa, «chi tiene l’omelia deve compiere bene il suo ministero, offrendo un reale servizio a tutti coloro che partecipano alla Messa, ma anche quanti l’ascoltano devono fare la loro parte. Anzitutto prestando debita attenzione, assumendo cioè le giuste disposizioni interiori, senza pretese soggettive, sapendo che ogni predicatore ha pregi e limiti».

«Se a volte c'è motivo di annoiarsi per l’omelia lunga o non centrata o incomprensibile, altre volte è invece il pregiudizio a fare da ostacolo», ha proseguito. «La responsabilità di chi tiene l’omelia si coniuga con la possibilità - a volte il dovere - di chi sta nei banchi di far presente, nei modi opportuni, le attese che la comunità sente. Non si tratta di accusare ma di aiutare, questo sì. Chi può aiutare i sacerdoti se non i fedeli che sono loro sinceramente vicini?». «Infine - ha aggiunto -, voglio ricordare che la conoscenza della Bibbia favorisce molto la partecipazione alla liturgia della Parola. Chi non legge abitualmente il Vangelo fa più difficoltà ad ascoltare e comprendere le letture della messa».

«Concludendo possiamo dire che nella Liturgia della Parola, attraverso il Vangelo e l’omelia - ha detto ancora -, Dio dialoga con il suo popolo, il quale lo ascolta con attenzione e venerazione e, allo stesso tempo, lo riconosce presente e operante. Se, dunque, ci mettiamo in ascolto della 'buona notizià, da essa saremo convertiti e trasformati, pertanto capaci di cambiare noi stessi e il mondo».

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