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Frammenti di plastica negli oceani, in pericolo balene e squali

ROMA. I giganti del mare sono messi in pericolo dai microframmenti di plastica che inquinano gli oceani. Dal Golfo del Messico al Mar Mediterraneo, balene, squali e mante che si nutrono ingerendo e filtrando enormi quantitativi d’acqua finiscono, infatti, per fare scorpacciate di microplastiche, con conseguenze negative in termini di salute. A lanciare l’allarme è uno studio internazionale condotto dall’università di Siena insieme alla Murdoch University australiana e alla Marine Megafauna Foundation indonesiana.

Le microplastiche, con diametro inferiore ai 5 millimetri, contengono sostanze chimiche tossiche che possono accumularsi per decenni e alterare i processi biologici degli animali, causando alterazioni della crescita, dello sviluppo e della riproduzione tra cui una minore fertilità, spiegano i ricercatori nello studio pubblicato sulla rivista Trends in Ecology & Evolution.

«La plastica e microplastica nei mari e negli oceani costituisce un problema globale, che impatta tutta la catena alimentare», afferma la professoressa Maria Cristina Fossi dell’università di Siena. «La microplastica nel Mar Mediterraneo è ad un livello allarmante. Secondo le nostre stime una balenottera del Mediterraneo, filtrando tonnellate d’acqua, assume migliaia di particelle di microplastica ogni giorno».

Ma anche negli oceani considerati più puliti la fauna marina è a rischio: «Abbiamo analizzato il mare di Cortez, nella bassa California, un tratto di oceano popolato da molti grandi animali marini, e abbiamo calcolato una presenza di 0,7 frammenti di plastica per metro cubo», spiega Fossi. Dunque uno squalo balena, in quell'ambiente che noi pensiamo quasi incontaminato, ingerisce circa 170 particelle di plastica al giorno».

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