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Spari contro i manifestanti in Iran, altri due morti. Trump: "Il mondo vi guarda"

TEHRAN. Due persone sono state uccise in Iran nella notte tra sabato e domenica durante le proteste a Doroud, nel Lorestan: lo ha reso noto all’agenzia stampa semiufficiale Mehr il vice capo della sicurezza del governatore della provincia Habibollah Khojastepour. Ieri sei persone hanno perso la vita nel corso delle dimostrazioni a Doroud.

Dopo due giorni di decise proteste contro il carovita in diverse città iraniane, sale a otto il bilancio delle persone uccise, mentre diverse altre sono ferite quando la Guardia Repubblicana ha sparato per disperdere una manifestazione; mentre a Teheran alcune centinaia di studenti sono scesi nelle vie intorno all’università unendosi alle contestazioni e nelle strade del Paese sono state attaccate banche e bruciati ritratti della guida suprema Ali Khamenei.

Nel contempo però, sia nella capitale che in altre località decine di migliaia di persone hanno organizzato manifestazioni a favore dell’attuale governo e del presidente Hassan Rohani.

A fronte di un dispiegamento di polizia imponente, finora gli arresti hanno riguardato una cinquantina di persone, mentre la diatriba interna si è velocemente spostata sul piano politico, in particolare con gli Stati Uniti. Di buon mattino infatti, ieri il presidente americano Donald Trump attraverso la portavoce della Casa Bianca ha twittato: «Il governo iraniano dovrebbe rispettare i diritti del suo popolo, compreso il diritto di espressione. Il mondo sta guardando». E ha citato le «proteste pacifiche di cittadini iraniani stanchi della corruzione del regime e dello sperpero delle ricchezze nazionali per finanziare il terrorismo all’estero». Un concetto che ha poi ribadito anche attraverso il suo account Twitter personale.

«Dichiarazioni ingannevoli, ipocrite e opportunistiche», ha commentato poche ore dopo il portavoce del ministro degli Esteri iraniano, Bahram Gashemi. Che ha invitato «il popolo iraniano a non dare credito alle critiche espresse dal signor Trump o dai suoi funzionari». Nessun accenno, per ora, da parte di Teheran al fatto che la situazione di criticità economica per settori della popolazione iraniana è in parte causata proprio dall’atteggiamento degli Usa e dal persistere di alcune sanzioni, volute da Trump nonostante l’accordo nucleare siglato dal suo predecessore Barack Obama nel 2015 e che l’America dell’attuale presidente Usa vorrebbe cancellare.

Propagandato dalla tv di stato invece, l’invito agli iraniani a non partecipare a «raduni illegali». Secondo numerosi osservatori 'l'invitò è diretto a intellettuali e borghesia illuminata che rimproverano al presidente Rohani di non aver ancora realizzato le sue promesse su diritti civili, diritti politici e diritti umani. Numerosi sono gli iraniani delusi dal fatto di non avere ottenuto benefici dall’accordo del 2015 sul nucleare, che ha permesso la revoca di sanzioni internazionali che colpivano la Repubblica Islamica.
Un monito però anche a quella parte iper-conservatrice del Paese che rimpiange la presidenza di Mahmoud Ahmadinejad e che, sempre oggi, ha voluto festeggiare la sua rielezione a presidente nel 2009. Otto anni fa Ahmadinejad riuscì a sconfiggere la piazza e i candidati moderati di allora, Mirhossein Mousavi e Mahdi Karrubi.

Dopo anni sottotono, ora molti ritengono che ci sia anche lui dietro agli attuali problemi economici di Rohani. Ahmadinejad ha infatti avviato una sorta di sotterranea campagna elettorale in vista delle presidenziali del 2020, diffondendo dichiarazioni pubbliche e messaggi sui social network che criticano la situazione del Paese e anche la magistratura, rea di aver fatto finire in carcere persone a lui vicine per corruzione e reati finanziari

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