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Schiaffo per Trump in Alabama, vince il democratico Doug Jones

Il democratico Doug Jones

WASHINGTON. Il democratico Doug Jones vince una corsa all’ultimo voto in Alabama strappando ai repubblicani un prezioso seggio in Senato e sconfiggendo il favorito Roy Moore. È uno schiaffo, e sonoro, per il presidente Donald Trump che aveva appoggiato Moore nonostante le controversie sulle accuse di molestie sessuali.

Oltre ad essere un duro colpo per il Grand Old Party che vedrà la sua già risicata maggioranza in Senato - di 52 seggi su 100 - ulteriormente ridotta. Il risultato in Alabama è poi un segnale particolarmente significativo in vista delle elezioni di midterm nel 2018 per il rinnovo del Congresso, di cui la consultazione nello Stato 'ruby red’('rosso rubino' per la sua tradizionalmente netta connotazione repubblicana) è stata considerata un test.

A poco è valso allora il 'talismano' Sassy, questo il nome del cavallo di Roy Moore in sella al quale l’ex giudice conservatore si è recato a votare al seggio le scorse ore: ha perso per una manciata di voti, ma ha perso. Sebbene il giudice conservatore comparendo fra i suoi sostenitori a Montgomery non è disposto a concedere la vittoria e prende tempo, per finalizzare il conteggio dei voti.

Intanto, con il 99% dei voti scrutinati Jones ha ottenuto il 49,5% dei consensi (640.520 voti) contro il 48,8% di Moore (631.576 voti). Eppure sembrava un’impresa impossibile per il fronte democratico. Adesso ci si chiede se e quanto il voto afroamericano abbia influito in questo Stato del sud, lo Stato della marcia di Selma, voto a cui ha fatto appello nelle scorse ore anche l’ex presidente Barack Obama in persona esortando tutti a recarsi alle urne: «Questa è una cosa seria», aveva avvertito in un messaggio registrato e diffuso via telefono.

Dal palco della vittoria Doug Jones esalta lo spirito dell’Alabama: «Il popolo dell’Alabama ha più in comune di ciò che lo divide. Abbiamo mostrato non solo all’Alabama ma al Paese che possiamo essere uniti», e cita Martin Luther King Jr: "L'arco dell’universo morale è lungo, ma tende verso la giustizia». Mentre dalla Casa Bianca Donald Trump twitta all’insegna del fair play, congratulandosi con Jones, «I repubblicani avranno un’altra chance per questo seggio molto presto. Non finisce mai!», scrive. Questo è però per lui un terremoto, e alla Casa Bianca - e nella West Wing - l’aria deve essere davvero pesante in queste ore. Perchè il presidente Trump ha 'scommesso' e ha sbagliato. Gli era stato anche consigliato di rimanerne fuori, ma ha voluto ascoltare Steve Bannon e si è buttato. Moore non era stata la 'prima sceltà del partito, e anche del presidente che alle primarie repubblicane aveva sostenuto candidato Luther Strange più gradito all’establishment Gop.

L’ex giudice conservatore Moore era invece più rappresentativo di quella fetta di partito che più si ispira ai valori di Steve Bannon, l’ex stratega di Donald Trump che infatti ha fatto campagna sul campo fino all’ultimo minuto. E poi sono spuntate le accuse di molestie sessuali, con le rivelazioni del Washington Post secondo cui Moore aveva assalito sessualmente quattro donne all’epoca minorenni mentre lui era un noto avvocato ultratrentenne.

Trump a quel punto ha taciuto a lungo e per settimane la Casa Bianca ha nicchiato, poi si è deciso e ha abbracciato la causa do Moore, non un dettaglio - e non passato inosservato ai critici e agli oppositori politici - visto che anche verso il presidente sono state avanzate accuse di molestie sessuali.

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