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Dopo 35 anni riaprono i cinema in Arabia Saudita: erano considerati "pericolosi per la moralità"

BEIRUT. Passa anche per il grande schermo la 'rivoluzione dall’alto' voluta in Arabia Saudita dal principe ereditario Mohammad bin Salman.

Il governo di Riad ha infatti annunciato la riapertura dei cinema dopo un bando imposto per 35 anni sotto l’influenza dei religiosi più tradizionalisti che considerano la 'settima arte' pericolosa per la moralità islamica.

Le richieste di licenze, precisa l’agenzia saudita Spa, potranno essere presentate dopo che saranno stati stilati i regolamenti attuativi della nuova direttiva, entro i prossimi 90 giorni.

La previsione è che i sauditi possano tornare nelle sale cinematografiche a partire dal marzo del 2018.

Altre decisioni tendenti ad allentare il rigido controllo sui comportamenti sociali e le iniziative di intrattenimento erano state annunciate nei mesi scorsi, nell’ambito di un processo di riforme culturali ed economiche portato avanti con estrema decisione da Mohammad bin Salman - ormai comunemente conosciuto con le sole iniziali di Mbs - e il consenso del re suo padre, Salman.

Tra le novità annunciate, il permesso alle donne di guidare, a partire dal prossimo anno, e di entrare negli stadi. A queste si aggiungono l’organizzazione dei primi concerti di cantanti pop donne, anche se riservati per ora al solo pubblico femminile.

Ma si tratta di iniziative che fanno parte di un disegno più ampio volto a trasformare completamente il volto del Regno saudita. Mbs non solo è responsabile del vastissimo progetto di riforme denominato 'Vision 2030', ma ha anche avviato una durissima campagna anti-corruzione che ha portato agli arresti di una decina di principi della casa regnante e molti ministri ed ex ministri. Inoltre, è l’uomo-simbolo della nuova politica assertiva di Riad nella regione, in versione anti-iraniana.

Proprio la rivoluzione islamica a Teheran nel 1979, con il panico che diffuse nei Paesi arabi del Golfo, indusse la casa regnante a Riad a rinsaldare la sua alleanza con i religiosi più fondamentalisti al fine di prevenire un simile scoppio di rabbia popolare nel Regno. E quindi ad imporre misure fortemente restrittive nei comportamenti sociali.

Il ministero della Cultura saudita ha fatto sapere che i film in uscita nel Paese saranno comunque soggetti a censura per assicurare che «siano in linea con i valori e i principi in vigore e non contraddicano la legge islamica e i valori morali del Regno».

Riad prevede di aprire 300 cinema, per un totale di 2 mila sale, entro il 2030.

Tali iniziative, insieme con le altre in campo culturale, dovrebbero consentire di creare 30.000 nuovi posti di lavoro, 130 mila impieghi a tempo determinato e contribuire ad un incremento stimato di 90 miliardi di rial sauditi (24 miliardi di dollari) del Prodotto interno lordo.

Dovrebbe inoltre essere convogliata verso il mercato interno almeno una parte dei miliardi di dollari che i sauditi spendono per recarsi all’estero con l’intento di godere di spettacoli e divertimenti vietati a casa loro.

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