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Bomba nel cuore di New York, l'attentatore incriminato per terrorismo

L’immigrato bengalese Akayed Ullah

NEW YORK. «Trump hai fallito nel proteggere il tuo Paese": questo il derisorio messaggio di sfida per il presidente americano postato su Facebook da Akayed Ullah mentre si stava mescolando alla folla del principale terminal di Manhattan per il suo attentato kamikaze, fortunatamente fallito (3 feriti lievi). Il giovane immigrato bengalese aveva postato su Fb anche una dichiarazione per informare altri sostenitori dell’Isis che stava compiendo un attacco in nome del gruppo terroristico, come ha ribadito poi agli investigatori dal suo letto di ospedale, dove è ricoverato per le ustioni della bomba artigianale che aveva fabbricato in casa.
Il movente, ha confessato, è l’odio verso gli Usa ("O America, muori nella tua collera» è annotato sul suo passaporto), decenni di politiche americane nei confronti dei Paesi musulmani, anni di raid contro l’Isis in Siria e altrove. E' quanto emerge dalle 10 pagine dell’atto di accusa con cui oggi è stato incriminato davanti ad una corte distrettuale di Ny per vari reati di terrorismo.

Reati per i quali Donald Trump è tornato a chiedere «le pene più severe previste dalla legge, inclusa la pena di morte nei casi appropriati». Il tycoon ha rilanciato anche il suo mantra: la necessità, insieme al muro col Messico e al suo redivivo bando contro otto Paesi (nel quale non figura il Bangladesh), di cambiare le leggi sull'immigrazione.

In particolare abolendo sia il sistema della lotteria dei visti sia quello della catena migratoria fondata sui legami di parentela, con i quali sono arrivati in Usa gli autori degli ultimi due attacchi in Usa. «Ci sono stati due attacchi terroristici a New York nelle ultime settimane effettuati da stranieri venuti qui con la green card. Il primo assalitore è arrivato con la lotteria dei visti e il secondo tramite la catena migratoria», ha dichiarato alla Casa Bianca riferendosi a Sayfullo Saipov, l’uzbeko autore della strage di Halloween a Tribeca (8 vittime), e ad Ullah, sbarcato in Usa nel 2011 insieme alla famiglia grazie ad uno zio diventato cittadino americano. «Metteremo fine ad entrambi. Velocemente», ha promesso, spronando il Congresso ad attivarsi «immediatamente».

Intanto gli investigatori continuano ricostruire i dettagli dell’attentato e a scavare sul passato di Ullah, anche interrogando la moglie, che vive a Dacca insieme al loro figlio di sei mesi. Finora è stato accertato che ha costruito da solo la 'pipe-bomb' a casa con istruzioni online, utilizzando delle luci di Natale e una batteria per farla detonare, nonché procurandosi il tubo nell’azienda elettrica dove lavorava dopo aver fatto il tassista dal 2012 al 2015.

Il luogo dell’attentato è stato scelto per la presenza di poster a tema natalizio, per rievocare gli attacchi in Europa contro i mercatini di Natale. Ullah non ha precedenti nel suo Paese e non era nel 'radar' della polizia o dell’Fbi. Ha cominciato a radicalizzarsi su internet almeno dal 2014, guardando la propaganda online dell’Isis, e ha fatto vari viaggi all’estero negli ultimi cinque anni, visitando il Bangladesh negli ultimi mesi. Finora però non sono emersi legami diretti con organizzazioni terroristiche: l’ipotesi più attendibile resta quella di un 'lupo solitariò che alcuni suoi vicini e compagni di moschea dipingono come un 'good guy'.

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